venerdì 10 giugno 2011

Continuerò a servire la Giustizia e la Verità

Continuerò a servire la Giustizia e la Verità

dal Blog di Gioacchino Genchi su "il fatto Quotidiano", 9 giugno 2011

Oggi, dopo 26 anni esatti, ho reindossato la toga di avvocato.

Alla cerimonia del giuramento, nell'aula della terza sezione della Corte d'Appelo di Roma, erano presenti numerosi fan e amici. Alla cerimonia ha pure voluto partecipare l'avv. Carlo Taormina, con cui collaboro ormai da due anni alla Cattedra di Procedura Penale, all'Università di Tor Vergata, tenendo un corso specifico su intercettazioni, tabulati e prove elettroniche, alla Scuola di Formazioni per le Professioni Legali.

Per me non cambia nulla, continuerò a servire la Giustizia e la ricerca della verità con lo stesso spirito con cui da oltre 20 ho lavorato a fianco di giudici e pubblici ministeri.

Mi sono iscritto all'Ordine degli Avvocati di Roma e con il mio staff stiamo già collaborando alla difesa in procedimenti penali molto complessi, a Roma, Milano, Catania e in altre parti d'Italia.

Ormai non c'è più un'indagine e un processo penale in cui non si disserti di cellulari, tabulati, celle telefoniche, e-mail e tracce elettroniche.

Penso di mettere a frutto, dopo tanti anni, l'esperienza maturata nel campo, anche se da oggi con ruolo diverso.

Ritorno a fare l'avvocato con un patrimonio di esperienze quasi unico.

Nelle indagini e nel processo penale ho ormai ricoperto tutti i ruoli. Prima di avvocato, poi di investigatore e poliziotto, poi di consulente e di perito.

In ultimo, per volere di qualcuno, ho rivestito pure il ruolo di indagato, di imputato e di parte civile.

Quelli che mi hanno voluto delegettimare, dal 2007 ad oggi, mi hanno costretto ad un corso di aggiornamento sul nuovo processo penale, che non conoscevo.

Per me è stato come rifare per la seconda volta il corso di laurea in giurisprudenza.

Adesso guardo al futuro con molto entusiasmo.

Cambiare vita e lavoro e 50 anni aiuta a sentirsi giovane.

Oggi, quando ho rimesso la toga, mi sembrava di essere ritornato a 25 anni fa.

martedì 7 giugno 2011

Gioacchino Genchi a Catania, venerdì 10 giugno 2011, ore 19:00

Venerdì 10 giugno 2011, alle ore 19:00, a Catania, al caffè/libreria Tertulia di Via Michele Rapisardi (zona Teatro Massimo) parteciperò alla presentazione del libro di Andrea Leccese "Torniamo alla Costituzione", Infinito Editore. Introduce Adele Palazzo, del Popolo Viola, sarà presente l'autore.

domenica 5 giugno 2011

Genchi assolto. La sentenza: ma quale spia? Ha agito egregiamente

Genchi assolto. La sentenza: ma quale spia? Ha agito egregiamente

da ANTIMAFIA Duemila, di Monica Centofante – 5 giugno 2011
C'era una volta "il più grande scandalo della storia della nostra Repubblica", l'uomo finito sulle prime pagine di decine di giornali ed esposto al pubblico ludibrio nei talk show televisivi perché aveva spiato ben 350 mila persone.


E c'è oggi una sentenza di assoluzione piena, perché il fatto non sussiste, depositata qualche giorno fa e che scagiona completamente quel mostro: non ha fatto nulla, scrivono i giudici, ha soltanto svolto il suo lavoro con estrema correttezza, collaborato con le procure, stanato delinquenti, contribuito a far scagionare innocenti. Ma sui giornali, questa volta, non ci è finito e nei talk show tutto tace: meglio che la pubblica opinione lo ricordi come il grande fratello intercettatore, chi teme le sue indagini preferisce così. E allora in pochi conosceranno la fine della storia, lei sì uno dei più grandi scandali della nostra Repubblica.
Il mostro è Gioacchino Genchi, consulente delle procure di mezza Italia, da almeno due decenni impegnato nelle più delicate inchieste del nostro Paese, a partire da quelle sulle stragi del '92 e del '93. La sentenza di assoluzione è quella del processo in cui era stato accusato di accesso abusivo al Siatel (Sistema Anagrafe Tributaria Enti Locali), un sistema informatico, protetto da misure di sicurezza, che garantisce il collegamento all'Anagrafe tributaria da parte degli enti locali: in sostanza mette in comunicazione diretta ed immediata l'ex Ministero delle Finanze, le Regioni e gli enti territoriali.
La nostra storia inizia il 1° settembre del 2004 , quando scompare nel nulla, a Mazara del Vallo, la piccola Denise Pipitone. Il pm Luigi Boccia, della Procura di Marsala, avvia le indagini e sceglie come consulente proprio Genchi, incaricato di procedere alla corretta identificazione di alcuni soggetti intestatari e utilizzatori delle numerosissime schede telefoniche emerse dall'acquisizione del traffico delle celle di Mazara del Vallo e del territorio circostante per l'intera giornata del rapimento della bimba. Oltre che dei migliaia di tabulati che nel giro di pochi mesi vengono acquisiti insieme a centinaia di intercettazioni telefoniche, perquisizioni e altre investigazioni non solo in Italia, ma anche all'estero. Perché i rapitori con tutta probabilità si sono spostati mentre aumentano le segnalazioni di avvistamento della minore da parte di sciacalli e mitomani che finiscono, anche loro, sotto indagine.
Con il fine di identificare i soggetti individuati nel corso delle investigazioni Genchi interroga l'archivio dello Sdi, in uso alle forze di Polizia e l'Anagrafe del Comune di Mazara del Vallo, che presentano però alcune lacune ed è a questo punto che Mario Bucca, responsabile per i servizi informativi del Comune, coinvolto emotivamente nella vicenda della scomparsa della piccola Denise, suggerisce al consulente la possibilità di un collegamento con il servizio tributi realizzato in via informatica dal Ministero delle Finanze proprio per le esigenze dei Comuni italiani: ovvero il Siatel. A stretto giro di posta Bucca abilita Genchi che inizia quindi a consultare il sistema trovandolo assolutamente efficace. Le indagini però non sono affatto semplici e si protraggono nel tempo, tanto che il 6 luglio del 2005 Genchi invia una mail a Bucca chiedendo ed ottenendo il rinnovo dell'abilitazione all'accesso al sistema Siatel. Nel frattempo, il consulente tecnico viene incaricato da altre procure d'Italia in altre delicate indagini: in particolare dalle procure di Palermo, Catanzaro, Roma, Reggio Calabria. Sono gli anni delle inchieste Poseidone e Why Not, quelle condotte su incarico dell'allora pm Luigi de Magistris e contro le quali, di lì a breve, si sarebbero scatenate una serie infinita di reazioni politiche e mediatiche.
Ai magistrati con i quali inizia a collaborare Genchi parla subito del sistema Siatel e i diversi uffici giudiziari, entusiasti per la sua potenzialità investigativa, autorizzano la richiesta di nuovo accesso.
Mentre il Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso si fa promotore per ottenere un protocollo con la Siatel al fine di abilitare tutti gli uffici di polizia giudiziaria e tutte le procure per l'accesso a queste banche dati.
Genchi si rivolge quindi nuovamente al Bucca che gli dice di contattare gli addetti Siatel. E sono loro, una volta ricevuti i conferimenti incarichi delle Procure, a rispondere "che le comunicazioni sono inutili in quanto per loro, fin quando è titolare di una userid ha titolo per accedere".
Insomma, tutto ok e le indagini con le diverse procure proseguono e si fanno sempre più delicate mentre sui giornali inizia a montare la polemica sulle condotte investigative di de Magistris e dei suoi consulenti che porterà all'epilogo ormai noto. E quando la macchina del fango è in piena corsa a Gioacchino Genchi viene tolta l'abilitazione alla consultazione del sistema e il dottor Stefano Crociata, Direttore Centrale dell'Agenzia delle Entrate, parla di accesso e di utilizzo indebito della banca dati del sistema Siatel.
Le indagini del reparto tecnico del Ros di Roma, diretto dal colonnello Pasquale Angelosanto, giungono alle stesse conclusioni, accolte dalla Procura capitolina, detta anche "porto delle nebbie", che il 10 marzo 2009 iscrive Gioacchino Genchi nel registro degli indagati per accesso abusivo ad un sistema informatico e il giorno successivo emette decreto di perquisizione. I militari del Ros irrompono nell'abitazione palermitana del vicequestore aggiunto di Polizia e nei locali della sua società, la Csi, sequestrano computer e documenti, tra cui il sistema denominato Teseo, utilizzato da Genchi nell'espletamento degli incarichi di consulente e nel quale i militari del Ros troveranno – sorpresa! - i loro stessi nominativi. Il giorno dopo parte la bufala dei numeri: articolo dopo articolo, dichiarazione dopo dichiarazione il numero degli spiati sale fino a 7 milioni.
In sede processuale però è tutto diverso: all'imputato vengono contestate inizialmente 2600 interrogazioni abusive estese alle dichiarazioni dei redditi e ai redditi percepiti, che scenderanno rapidamente a 238 interrogazioni di persone fisiche e 8 di enti, aziende e persone giuridiche o imprese.
Nel frattempo, l'8 aprile 2009 il Tribunale del Riesame annulla il decreto di sequestro probatorio della Procura di Roma, secondo il documento non sussiste l'ipotesi di reato, ma la Procura si rifiuta sorprendentemente di restituire l'archivio e presenta ricorso alla Cassazione, che il 30 giugno ne dichiara l'inammissibilità e dà ragione al Riesame.
Le indagini contro Gioacchino Genchi intanto proseguono e nel marzo del 2011 l'imputato chiede ed ottiene il rito abbreviato. Arriviamo ai giorni nostri, precisamente al 13 aprile quando il Gup Marina Finiti è chiamata a pronunciarsi sull'imputato. Ed è lo stesso pm a chiederne l'assoluzione che il gup conferma dichiarando: il fatto non sussiste. Si è trattato soltanto di una gigantesca bolla di sapone.
"Per tutti i nominativi oggetto di contestazione – scrive il giudice nella motivazione della sentenza - l'imputato ha dimostrato, anche con allegati documenti informatizzati, di aver operato nell'ambito del conferimento incarico dei magistrati e dunque legittimamente". "Ha dimostrato puntualmente ed analiticamente per i diversi accessi contestati di aver fatto un uso legittimo dell'accesso al sistema Siatel, accesso cui era stato autorizzato dapprima dalla Procura di Mazara del Vallo per l'inchiesta sulla scomparsa di Denise Pipitone, in seguito anche da altre Procure italiane. Genchi – prosegue il documento – ha sempre operato nel rispetto dei mandati conferitigli, mantenendosi nei limiti fissati dai magistrati, senza mai travalicarli, condividendo con loro tutti i risultati dei riscontri negli eleboratori di consulenza".
Certo, ammette il giudice, un errore c'è stato: "L'autorizzazione all'accesso al sistema è stata erroneamente e irritualmente rilasciata al Genchi da Bucca, funzionario del Comune di Mazara del Vallo, in quanto avrebbe dovuto rilasciarla un amministratore del sistema in sede centrale".
Ma gli errori di un funzionario del sistema Siatel possono ricadere sul consulente? Ovviamente no, sottolinea il Gup Finiti, "non possono gravare sull'imputato, che tempestivamente risulta aver comunicato i conferimenti di incarico e le autorizzazioni di volta in volta rilascategli".Che colpa può avere il consulente?
Già, quale colpa? Ce lo chiediamo anche noi. Ma se si leggono le carte delle indagini a cui stava lavorando Gioacchino Genchi, improvvisamente bloccate, e fino a dove sarebbero potute arrivare la riposta non sembra poi così difficile.

venerdì 3 giugno 2011

Sorpresa: i cellulari dei politici li usano tutti

Sorpresa: i cellulari dei politici li usano tutti

AL PROCESSO GENCHI SI SCOPRE CHE LE UTENZE NON INTERCETTABILI VENGONO UTILIZZATE ANCHE DA ALTRI

di Antonio Massari, da "Il Fatto Quotidiano" del 3 giugno 2011

Avevano chiesto di interrogare direttamente Clemente Mastella, ma l'ex ministro di Giustizia s'è rifiutato, e così il 27 maggio gli avvocati Fabio Repici e Ivano Iai, difensori di Gioacchino Genchi, hanno sentito Francesco Campanella, l'uomo che fornì a Bernardo Provenzano la carta d'identità, per farsi operare a Parigi durante la latitanza.

È la testimonianza di Campanella, del quale Mastella fu testimone di nozze, la risposta "investigativa" di Genchi alle indagini del Ros dei Carabinieri e della Procura di Roma: che lo accusano di aver "trattato " illecitamente – oltre a quelle di otto parlamentari – l'utenza telefonica di Mastella. E quella di Campanella è soltanto una delle risposte: la difesa di Genchi ha prodotto tre documenti che – al di là del suo personale caso giudiziario – dovrebbero far riflettere parecchio.

Sono firmati dai segretari generali di Camera, Senato e Consiglio dei ministri.

La domanda è semplice: quanti cellulari, tra quelli intestati a Camera e Senato, erano effettivamente utilizzati dai parlamentari?

Il quesito si limita al periodo storico delle acquisizioni dei tabulati dell'inchiesta "Why Not" – aprile 2005, ottobre 2007 – ed ecco la risposta: "Le utenze mobili intestate all'amministrazione del Senato erano 292, più 183 per il solo traffico dati". "Delle 292 utenze gsm – continua il Senato – soltanto 5 erano assegnate a parlamentari". Il resto, ben 287, erano assegnate a "non parlamentari".

Se aggiungiamo che "un senatore era assegnatario di due utenze", il numero dei parlamentari scende a quattro.

E allora – sotto il profilo investigativo – la domanda è: basta l'intestazione, di un'utenza, al Senato – come sostiene il Ros – per "bloccare " il trattamento del traffico telefonico d'un telefono utilizzato invece, quasi con certezza, da un "non parlamentare"?

Più alta l'assegnazione alla Camera dei deputati: "Risultavano intestate alla Camera dei deputati 122 utenze cellulari. Di queste, 97 risultavano effettivamente assegnate agli stessi". Ma quante erano, in totale, le utenze intestate alla Camera? Ben 928 e solo 56 usate da deputati, scrive sempre la Camera, perché alcuni parlamentari erano assegnatari di più schede.

L'intestazione a Camera e Senato, quindi, non dà certezza che il telefono sia usato da un parlamentare. Ed è quello

che Genchi prova a dimostrare, per il caso Mastella, interrogando Campanella. Il "pentito" che aiutò Provenzano racconta l'iter politico che lo portò, dal 1999 in poi, a diventare segretario nazionale del Movimento giovanile dell'Udeur, "su designazione di Mastella" e "componente della direzione nazionale".

Campanella, i telefoni di Mastella, li conosce quindi molto bene, considerato il "rapporto di amicizia, anche con la moglie e i figli".

"Mastella – dice Campanella – aveva più utenze in uso e ha cambiato qualche volta, nel corso degli anni, il suo numero.

Tuttavia, ne aveva uno suo personale, sul quale lo contattavo. Quando non trovavo il parlamentare, contattavo il suo caposcorta, Stefano".

Il "pentito" spiega di aver contattato Mastella su ben altre utenze, diverse da quelle che Genchi e l'ex pm Luigi De Magistris hanno incontrato in "Why Not". Segno che, quella contestata, poteva non essere l'utenza strettamente personale dell'ex ministro.

È su altro numero, infatti, che nel 2005 Campanella invia l'sms di auguri per ferragosto.

Ed è sempre sullo stesso numero che lo contatta, in Sicilia, durante le elezioni amministrative dello stesso anno. Un numero che Mastella utilizza ancora oggi.

L'altra, quella contestata a Genchi, può ben essere tra le centinaia utilizzate dai "non parlamentari", come confermano le statistiche di Camera e Senato. E come conferma la presidenza del Consiglio, per i numeri – anch'essi contestati a Genchi e De Magistris – di Romano Prodi e Francesco Rutelli. Quella di Prodi era intestata alla Delta Spa e usata – verosimilmente – quando non era capo del governo e neanche deputato: l'utenza da premier, infatti, spiega la Presidenza del Consiglio era un'altra. Stesso discorso per Rutelli, che aveva a disposizione, scrive sempre il Consiglio dei ministri, ben due schede. Però diverse da quelle intestate alla Margherita, incontrate da Genchi .

Un mese fa, Giuseppe Pisanu, interrogato dalla difesa di Genchi aveva negato che l'utenza contestata dal Ros fosse sua. Fu un primo colpo all'accusa. E pare che non sia l'ultimo.