mercoledì 24 dicembre 2008

23-12-2008 - Guerra tra Procure. Parla Gioacchino Genchi

(tratto dal settimanale OGGI del 16-12-2008. Non ho riportato prima l'articolo-intervista nel blog in quanto il giornale era ancora in edicola. Gioacchino Genchi)

Guerra tra Procure

Parla Gioacchino Genchi


Misteri e misteri. Non sono uno spione.


E’ l’uomo chiave del caso de Magistris. Lo accusano di avere intercettato 007 e politici, tra cui Mastella. E di avere un archivio illegale con 600 mila “voci”. Ma lui dice: «È un pretesto per nascondere i veri abusi»
di Edoardo Montolli (OGGI, 16 dicembre 2008)
Milano, Dicembre
La voce stanca, ma tagliente, del superconsulente informatico arriva di notte da un telefono sulla Salerno-Reggio Calabria. Lui sta tornando a Palermo, dove vive. «Scusi l’ora, ma ho avuto da fare con il processo sull’omicidio del capomafia di Siderno». Gioacchino Genchi, 48 anni, è l’uomo-chiave di Why Not?, l’inchiesta dell’ex pm Luigi De Magistris che ha causato in questi giorni sequestri e controsequestri degli incartamenti tra magistrati e il conseguente trasferimento di procuratori e pubblici ministeri. Mai successo prima. Salerno che accusa Catanzaro di aver orchestrato un complotto per togliere la madre di tutte le inchieste a De Magistris. Catanzaro che risponde tuonando proprio contro il principale artefice di quell’inchiesta: Genchi. Perché possiederebbe un misterioso archivio informatico con 578.000 richieste anagrafiche, tra cui parlamentari, giudici e 007? Un archivio «illegale», scrivono i magistrati di Catanzaro, che «attenta al diritto alla privacy» e che conterrebbe pure «utenze coperte dal segreto di Stato». Possibile che lo schivo superconsulente Genchi, massimo esperto nell’analisi dei tabulati telefonici, diventi una figura inquietante? La nostra intervista esclusiva comincia da qui, dall´archivio segreto.

Genchi, lei è indagato?
«A oggi mi risulta di no. Peraltro nemmeno riesco a immaginare da chi e per quale reato. Questi polveroni si alzano ogni volta che mi occupo di indagini che riguardano i politici. Tutti i dati che raccolgo su incarico di pubblici ministeri o giudici fanno parte dei fascicoli processuali. E ne viene data copia integrale ai difensori. Di segreto, quindi, non c’è nulla. Quanto ai numeri, sono state agitate cifre senza senso, con l’evidente scopo di denigrare me, il dottor De Magistris e in ultimo i magistrati di Salerno, che hanno riconosciuto come perfettamente regolare il mio operato. Se poi contiamo i dati che posso trattare io in un anno, sono pari a circa l’uno per cento del più modesto degli studi legali.

E le utenze di servizi segreti e parlamentari? E i numeri coperti da segreto di Stato?
«Questa poi... Quando trovo un numero di telefono durante un’indagine, lo accerto. E se trovo un numero dei servizi, che posso farci? Non mi pare che siano al di sopra della legge. E nella Why Not? sono state rilevate le utenze di autorevoli soggetti dei servizi e del Ros dei Carabinieri. La fandonia delle utenze “coperte da segreto di Stato” ancora non l’avevo sentita. E mi spiace che a parlarne siano stati dei magistrati. Come si può stabilire da un tabulato che un numero di telefono è “coperto da segreto di Stato”? Dove è scritto? Questo è ridicolo».

Ma lei ha trattato utenze di parlamentari, cosa proibita?
«Ogni volta che ho trovato utenze di parlamentari l’ho immediatamente segnalato al pubblico ministero. Altra cosa accade però quando i parlamentari risultano in contatto con gli indagati di cui ho acquisito i tabulati. Ebbene questo sì. Di contatti telefonici cosiddetti indiretti ce ne sono tantissimi. Inoltre, se un deputato usa un cellulare intestato ad altri, non c’è nessun modo per stabilire a priori che si tratti di lui. Però c’è un aspetto più grave. Alcuni parlamentari, ed è accaduto per uno in particolare, hanno attivato decine di schede e le hanno messe in mano anche a soggetti vicini a killer mafiosi: su quelle utenze non si è potuta compiere alcuna attività di controllo. Nel caso specifico, fu accertato che mentre il parlamentare si trovava a Roma, gli altri suoi cellulari operavano in Calabria. Possiamo pure gridare allo scandalo, ma a vergognarsi dovrebbe essere chi consente queste cose e non io, che ho interrotto ogni attività relativa a quell’indagine».

Non può rivelare un fatto tanto grave senza precisarlo: di che parlamentare si tratta?
«Se la Commissione Antimafia m’interrogasse in proposito, non avrei alcuna difficoltà a fornirne il nome».

Lei è stato estromesso dall’indagine Why Not? e il suo posto è stato preso dai carabinieri del Ros. Nella loro relazione si sostiene che lei abbia trattato l’utenza dell’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella (episodio che fu all’origine del braccio di ferro con De Magistris) senza la necessaria autorizzazione, visto che si trattava di una scheda intestata alla Camera dei Deputati.
«Quando trattai l’utenza poi risultata nella disponibilità di Mastella, il numero era già passato dalla Tim alla Wind e intestato al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, e da questo mai si sarebbe potuti risalire a Mastella. Ma dico di più. Quel numero, in sei anni di vita, mai era stato nemmeno intestato a qualcuno o qualcosa che fosse riconducibile alla sua persona, pur avendo cambiato tre schede e ben diciotto cellulari. Chiunque, compreso il Ros, deve accertare bene gli intestatari di un’utenza o può incorrere in errori come quelli che in passato hanno portato a tragici eventi. Il professor Marco Biagi è stato ammazzato proprio per un errore di questo tipo, poiché, a causa di una ricerca svolta male, non trovando le autorità traccia nei tabulati delle minacce telefoniche che lui subiva da tempo, non gli ridiedero la scorta. Facendolo quasi passare per un mitomane. Perciò si deve fare parecchia attenzione in queste indagini».

Tornando a Mastella, forse il ministro teneva alla privacy.
«Può darsi. Appena scoprii che quel numero lo usava lui, lo comunicai a De Magistris. Ma le dirò ancora di più, a proposito di privacy. Ho recentemente scoperto, analizzando le intercettazioni di Toghe Lucane [un’altra inchiesta scottante di De Magistris, ndr] che Mastella è stato anche intercettato mentre trattava faccende locali con alcuni esponenti di centrosinistra. In quel caso usava un altro telefono e ciò dimostra le difficoltà nel districarsi in questa materia, in cui il Ros non ha fatto certo una bella figura, determinando questo polverone. E c’è ancora un fatto non proprio irrilevante: le indagini che ha svolto il Ros di Roma sul mio conto e sul dottor De Magistris sono abusive».

Abusive? In che senso?
«La Procura Generale di Catanzaro non poteva delegare al Ros di compiere indagini su un magistrato del proprio ufficio. L’accertamento per de Magistris poteva farlo solo la Procura di Salerno. E per me, ove fossero emersi elementi di reato, quella di Palermo, dove io lavoro e dove ho svolto tutte le mie attività. Ciò non è avvenuto perché non c’era alcun reato. E inoltre, se nessuna indagine poteva dunque essere delegata al Ros di Roma, ancora meno poteva essere delegata a quelle particolari persone del Ros. Se i tabulati acquisiti avevano un senso, non si potevano affidare ai soggetti che emergevano proprio dagli stessi tabulati. Quindi...».

Quindi che cosa ne desume?
«La vicenda dell’“archivio Genchi” è stata solo la scusa tirata fuori dal cilindro per giustificare l’assurdità commessa. E ha trovato sponda in persone ben precise e molto interessate, che si sono premurate di attaccarmi anche in Parlamento. Sa come si dice, no? La gallina che canta per prima è quella che ha fatto l’uovo».

Un’ultima domanda. Il suo lavoro, in seguito a tutti questi attacchi istituzionali, è diminuito?
«No. Continuo anche a lavorare con diversi magistrati di Catanzaro, per cui ho svolto consulenze prima e dopo l’allontamento del dottor de Magistris ».


Com’è possibile, con quello che ha scritto di lei la Procura Generale di Catanzaro?
«La Procura della Repubblica di Catanzaro non è la Procura Generale di Catanzaro. Se la legge prevede che ci siano due uffici con distinte competenze non è un caso. In questo tengo a ribadire che a Catanzaro ci sono tantissimi magistrati per bene, che lavorano in condizioni disumane, in una realtà criminale che è in assoluto la più difficile e complessa di tutta Italia. Palermo, in confronto, sembra la Svizzera. E consideri con attenzione il paragone che ho fatto».

Edoardo Montolli

martedì 23 dicembre 2008

22-12-2008 - Associazione Nazionale Magistrati Strabici di Marco Travaglio


Buongiorno a tutti.
Oggi, in questa ultima puntata prima di Natale vorrei ancora soffermarmi sulla vicenda di Salerno e Catanzaro perché continuano ad arrivarmi, giustamente, delle richieste di chiarimento, per quanto riguarda ciò che siamo riusciti a far vedere, credo sia stato molto importante, nella puntata di giovedì sera di Annozero.
Una puntata che sta già terremotando la magistratura fin dalle sue fondamenta.
Chi ha notizie o conosce qualche magistrato può farsi dire che il comportamento del segretario dell'Associazione Magistrati ha lasciato interdetti molti suoi colleghi, soprattutto perché la ricostruzione di Annozero ha mostrato dove stia il marcio tra le procure di Catanzaro e di Salerno.
Il fatto che, invece, il rappresentante ufficiale dell'associazione magistrati abbia continuato a prendersela con Salerno senza dire una parola su quello che è successo a Catanzaro ha lasciato molti interdetti, addirittura c'è chi chiede un cambio al vertice dell'ANM.
Sarebbe opportuna un'autocritica.
Dopo entriamo nel merito delle cose che ancora non abbiamo detto la scorsa settimana, però io penso che quello che sta succedendo, cioè il fatto che magistrati come De Magistris siano stati lasciati soli di fronte ad attacchi politici inauditi - non credo che, a parte i magistrati del pool di Milano nella metà degli anni Novanta, ci sia mai stato nessun pubblico ministero bersagliato da decine e decine di interrogazioni e interpellanze parlamentari, seguite da ispezioni, da una mole enorme di provvedimenti disciplinari, per non parlare della pratica di trasferimento - tutto ciò non sarebbe mai potuto accadere.
Ed è potuto accadere non perché l'ANM abbia voluto prendersela con De Magistris, ma perché ha trascurato colpevolmente il caso Catanzaro per troppi anni.
Ha voluto coprire il CSM che ha trascurato colpevolmente il caso Catanzaro, è stata poi presieduta dal giudice Luerti, il quale si è poi scoperto essere intimo amico del principale indagato di De Magistris, Antonio Saladino, il leader della Compagnia delle Opere in Calabria.
Non solo amico ma, come abbiamo sentito nella ricostruzione sceneggiata da Annozero con attori che leggevano il testo dell'interrogatorio di Luerti davanti alla procura di Salerno, Luerti viveva addirittura in una comunità - e vive in una comunità - prima a Catanzaro e poi a Salerno dei Memores Domini, una confraternita di Comunione e Liberazione.
Di frati di Comunione e Liberazione che fanno voto di povertà, castità e obbedienza.
Il fatto che poi nel decreto di perquisizione scritto da Salerno per andare a Catanzaro a prendere le carte ci sia un accenno a questa parte di interrogatorio, dove si parla del voto di castità di questo magistrato, non significa affatto che i suoi colleghi abbiano voluto sindacare la sua vita privata e affettiva: vuol dire che gli hanno semplicemente posto il problema del fatto che, forse, un magistrato non dovrebbe essere nelle condizioni di imbarazzo che ora derivano a costui dall'essere parte di una confraternita della quale fanno parte anche persone che vengono coinvolte in vicende giudiziarie.
Se fai voto di obbedienza a una confraternita, bisognerà vedere quanto sei obbediente a quella confraternita rispetto a quanto sei obbediente alla legge.
Io penso che questo dottor Luerti sia una persona assolutamente perbene, ma certamente non basta essere persone perbene, bisogna anche sembrare imparziali quando si è magistrati.
Pensate soltanto a quando faceva il magistrato a Catanzaro e viveva nella casa di Saladino che poi si è rivelato essere - non sappiamo se abbia commesso reati o no - una persona piuttosto disinvolta nei rapporti d'affari e politici.
E adesso fa il magistrato a Milano, in una regione che è presieduta da un membro influentissimo di Comunione e Liberazione che per anni ha detto pubblicamente di aver fatto anche lui questo voto di castità, e di essere anche lui membro di questa comunità, di questa confraternita.
Il fatto che questo Luerti presiedesse l'Associazione Magistrati ha sicuramente influenzato la sua posizione quando ha dovuto rilasciare delle dichiarazioni su quello che stavano facendo a De Magistris.
De Magistris è stato esautorato delle sue indagini e l'ANM di fatto non ha preso la posizione che avrebbe dovuto prendere.
Gli sono state avocate, probabilmente in maniera illegale o irregolare, le indagini e l'ANM ha taciuto, e alla fine è stato trascinato davanti al CSM con delle accuse risibili, come abbiamo detto, e pure trasferito in base a quelle accuse risibili che ricordano un po' quelle in base alle quali adesso vengono crocifissi i magistrati di Salerno.
Avere scritto troppe pagine in un decreto di perquisizione, avere fatto accenni presunti alla vita privata di questo o quel personaggio.
Insomma, stupidaggini mentre dall'altra parte c'è un verminaio - a Catanzaro - con persone che non dovrebbero più poter fare i magistrati.
Allora, visto che l'ANM ha cominciato con il piede sbagliato in questa vicenda, ha proseguito con il piede sbagliato, mentre oggi basterebbe dire: "siamo cambiati, il segretario Luerti non c'è più, ora c'è un nuovo vertice, c'è il dottor Cascini, il dottor Palamara.
Chiediamo scusa per aver sottovalutato il caso. Chiediamo scusa per avere fatto i Ponzio Pilato quando avremmo dovuto schierarci dalla parte giusta.
Adesso, però, viste le carte, alla luce di quello che ci mostra Salerno, vedremo se quelle pagine sono troppe, troppo poche, ma vogliamo far sapere che quello che è successo ai danni del dottor De Magistris lo riteniamo inaccettabile, e che nessuno provi più a fare altrettanto nei confronti di altri magistrati".
Naturalmente questo non significa che De Magistris abbia sempre ragione, può avere sbagliato come sbagliano tutte le persone.
Gli errori dei magistrati, quando riguardano le loro indagini, vengono corretti da altri magistrati nei ricorsi dei vari gradi di giudizio.
Se qualcuno voleva lamentarsi delle indagini di De Magistris aveva soltanto da rivolgersi al GIP, al Tribunale del Riesame, alla Corte d'Appello, alla Corte di Cassazione e se aveva ragione avrebbe trovato giustizia.
Invece, c'è chi ha ritenuto che gli eventuali errori, tutti da dimostrare, di De Magistris si potessero risolvere levandogli le inchieste.
Questa è una cosa assolutamente inaccettabile, anche perché poi si è scoperto che, secondo la procura di Salerno, le inchieste gli sono state tolte non perché erano sbagliate ma perché erano giuste e quindi bisognava impedirgli di proseguirle.
Perché sia chiaro di cosa stiamo parlando, purtroppo ancora si fa finta di non capire, l'ipotesi accusatoria - noi non sappiamo se sia buona o non buona - è questa, da parte dei magistrati di Salerno nei confronti dei loro colleghi di Catanzaro: questi colleghi si sarebbero praticamente venduti le indagini di De Magistris ai principali imputati, cioè il senatore Pittelli di Forza Italia e il solito Saladino, in cambio di favori.
Assunzioni di parenti, segnalazioni, finanziamenti, eccetera.
L'accusa più grave è quella di corruzione in atti giudiziari.
Voi ricordate che si è parlato molto di corruzione in atti giudiziari ai tempi del caso delle toghe sporche, quando nel 1996 scattarono gli arresti al Tribunale di Roma.
Quando i magistrati di Milano andarono a Roma a prendere i giudici Squillante e Metta, quello che aveva fatto la sentenza del Lodo Mondadori.
All'epoca i magistrati coinvolti erano tre o quattro.
Qui sono addirittura sette, in una procura molto più piccola come quella di Catanzaro.
Stiamo parlando di un intero ufficio giudiziario che viene coinvolto a partire da: ex capo della procura di Catanzaro, Lombardi.
Procuratore aggiunto tutt'ora in funzione a Catanzaro, che per molti mesi ha fatto il procuratore capo facente funzioni quando Lombardi è stato trasferito, e si chiama Salvatore Murone.
Il procuratore generale facente funzione fino a qualche mese fa, Dolcino Favi, e il nuovo procuratore generale che ha preso il posto vacante, Enzo Iannelli.
Più tre sostituti procuratori.
Questa è la formazione. Voi capite che la gravità dell'accusa è spaventosa, stiamo parlando dei vertici.
Quando sono andati a prendere i giudici delle toghe sporche, i magistrati di Milano non hanno colpito così in alto: il più importante era Squillante che era il capo dei GIP di Roma, ma gli altri erano normali giudici di tribunale o Corte d'Appello, ed erano anche meno come numero.
Tanto perché voi abbiate idea, io non sono qui a dire che l'accusa regge o no, non spetta a me: c'è un decreto di sequestro, se uno non lo ritiene fondato si rivolge al Tribunale del Riesame invece che al governo, al Capo dello Stato, al CSM o all'opinione pubblica, come ha fatto Iannelli andando a strillare che quella perquisizione e quel sequestro erano illegittimi e addirittura eversivi.
Capo di imputazione A: corruzione giudiziaria.
Sono accusati il procuratore capo uscente Lombardi, il suo aggiunto Murone e il senatore Pittelli.
Scrivono i magistrati di Salerno che, quando il procuratore Lombardi e il suo aggiunto Murone, hanno revocato a De Magistris l'inchiesta Poseidone, quella sui depuratori mai costruiti perché il solito comitato d'affari si è fregato 800 milioni di euro, ciò è avvenuto dopo che era stato indagato il senatore Pittelli.
Peccato che Pittelli abbia nel suo studio legale, a lavorare, il figlio della convivente e poi seconda moglie del Procuratore Lombardi.
Il quale, infatti, appena è stato iscritto Pittelli si è astenuto dall'occuparsi di quell'indagine, però ha tolto anche De Magistris, con il risultato che l'indagine, scrivono i magistrati, è stagnata per molti mesi, è stata disintegrata dai magistrati che sono stati chiamati a occuparsene dopo e questo naturalmente non è un fatto casuale ma doloso.
Lombardi voleva distruggere quell'indagine per fare un favore al suo amico Pittelli, il quale a sua volta aveva preso nello studio il figlio della seconda moglie di Lombardi.
Il figlio della seconda moglie di Lombardi, che si chiama Pierpaolo Greco, era entrato in una società immobiliare - la Roma9 srl - insieme a Pittelli ed altri avvocati dello studio Pittelli.
Poi Pittelli aveva addirittura difeso il procuratore Lombardi nel giudizio disciplinare alle sezioni riunite della Cassazione, che è una cosa allucinante: un procuratore che si fa difendere da un indagato del suo stesso ufficio in un procedimento davanti alle sezioni unite della Cassazione.
E' uno che probabilmente non dovrebbe più fare il magistrato, non è che deve essere trasferito come, invece, è accaduto.
Capo di imputazione B: sono accusati il procuratore aggiunto Murone, il procuratore generale facente funzione Favi, l'ex procuratore Lombardi - il solito trio - più i due imputati più famosi, Saladino e Pittelli.
L'accusa è di nuovo corruzione giudiziaria e c'è pure un falso in atto pubblico.
Qui ci si riferisce all'altra inchiesta tolta a De Magistris: la Why Not, sui soldi stanziati dallo Stato e dall'Europa per l'informatizzazione e il lavoro interinale in Calabria che poi sono stati fregati dai comitati d'affari.
Why Not viene tolta dal procuratore generale Dolcino Favi non appena De Magistris indaga Mastella.
La Poseidone appena indaga Pittelli, qui appena indaga Mastella.
Fanno notare i magistrati: De Magistris, poco prima che gli togliessero l'indagine avevano fissato la data, per pochi giorni dopo, di una perquisizione fondamentale.
La perquisizione nel giornale del partito di Mastella, l'Udeur. Il giornale si chiama "Il Campanile".
Si ipotizzava, e l'abbiamo letto poi sull'Espresso, che la famiglia Mastella usasse per fini domestici parte dei fondi pubblici che andavano al Campanile, i famosi torroncini della signora Sandra, i famosi rimborsi benzina per il figlio che gira sul Porsche Cayenne, le famose polizze assicurative che sempre il figlio di Mastella garantiva al Campanile, compensi a Clemente Mastella per i suoi fondamentali editoriali che apparivano sul Campanile - che andava a ruba naturalmente quando c'erano gli editoriali di Mastella.
Bisognava andare a perquisire la sede del Campanile per acquisire le carte che dimostrassero l'uso buono o non buono di questi fondi pubblici.
Alla vigilia di questa perquisizione, gli levano l'indagine e naturalmente la perquisizione salta.
Dopodiché cosa fa il procuratore Favi? Manda gli atti su Mastella al Tribunale dei Ministri dicendo: "sei un ignorante, De Magistris: i reati commessi da un ministro li giudica il Tribunale dei Ministri di Roma, e tu non sei competente".
Manda queste carte a Roma, così si viene a sapere che è nel mirino Il Campanile e che sta per essere perquisito.
Immaginate quando fanno la perquisizione a babbo morto cosa possono trovare, visto che al Campanile già sanno che viene qualcuno a prendere le carte.
Come avvertire uno dicendo "vengo a perquisirti, sistema un po' le cose".
Il fascicolo viene poi dato ad altri pubblici ministeri che, secondo Salerno, spezzettano il quadro complessivo dell'accusa, lo parcellizzano e lo polverizzano.
Dicono, i magistrati di Salerno, che anche questo atto è stato doloso: l'hanno fatto apposta a levargli l'inchiesta per rovinarla e hanno usato, ecco l'accusa di falso, una motivazione falsa per giustificare una cosa gravissima, come l'avocazione di un inchiesta.
Cioè che, siccome Mastella aveva chiesto al CSM di trasferire De Magistris, allora lui quando l'ha iscritto nel registro degli indagati l'ha fatto per vendicarsi.
Praticamente De Magistris era in conflitto di interessi.
E' una cosa che ricorda la fiaba del lupo e dell'agnello.
Mastella da mesi sa che De Magistris sta lavorando, tant'è che persino i giornali hanno scritto che ci sono delle telefonate tra Mastella e alcuni imputati, come Saladino, il piduista Bisignani, eccetera.
Dopo aver saputo che stanno lavorando sulle sue telefonate, e che quindi è imminente la sua iscrizione nel registro degli indagati, Mastella si precipita al CSM e come ministro della Giustizia chiede di trasferire urgentemente De Magistris, che così perderebbe l'indagine.
A questo punto, il suo procuratore gli leva l'indagine dicendo che De Magistris è in conflitto di interessi con Mastella, e non il contrario!
Come il lupo, stando sopra, accusa l'agnello che sta sotto di intorbidargli l'acqua del ruscello.
Ecco, la fiaba del lupo e dell'agnello entra in un provvedimento giudiziario.
Secondo i magistrati di Salerno non è solo un provvedimento assurdo, è anche un reato perché si è commesso un falso in atto pubblico per espropriare il titolare di un indagine nel momento clou dell'indagine medesima.
Ritardi, poi, nelle indagini fatte dai suoi successori, il blitz al Campanile ormai è un blitz annunciato e va come va.
Mastella viene poi stralciato, come abbiamo detto, e mandato a Roma; se non che il Tribunale dei Ministri restituisce a Catanzaro le carte dicendo: "ma noi non siamo competenti! E' vero che Mastella è ministro in questo momento, ma non vi siete accorti che negli atti di De Magistris le cose contestate a Mastella risalgono a un periodo precedente di quando è diventato Ministro".
Quindi è competente Catanzaro, mica il tribunale dei ministri.
Dove sta il dolo in questa avocazione? Scrivono i magistrati di Salerno che uno dei protagonisti di questo esproprio dell'indagine, il procuratore aggiunto Murone, si è visto assumere dei parenti da Saladino, e qui si fanno i nomi di un cugino e un protetto del procuratore Murone che lavorerebbero con la Why Not di Saladino.
Poi, i soliti favori che Pittelli, indagato anche nella Why Not oltre che nella Poseidone, ha fatto - come abbiamo visto prima - al figliastro del procuratore Lombardi.
Terzo capo di imputazione, capo C: abuso, falso e favoreggiamento. C'è la solita triade di magistrati Favi, Murone, Lombardi.
Praticamente, qui si parla del fatto che dopo aver tolto l'indagine a De Magistris hanno anche revocato l'incarico al suo consulente informatico-telefonico, il famoso Genchi, il mago degli incroci dei tabulati telefonici.
Quello che ha fatto scoprire decine e decine di omicidi grazie proprio all'incrocio dei tabulati telefonici e che adotta lo stesso sistema antimafia in queste indagini di pubblica amministrazione.
Dato che è molto bravo e ha scoperto tutti questi legami che dicevamo prima, e dato che rischia - scrivono i magistrati nell'accusa - di essere molto bravo anche se non c'è più De Magistris con i suoi successori, allora gli tolgono l'incarico per evitare che continui a lavorare.
E gli mandano pure il Ros dei Carabinieri a portare via un pezzo del suo archivio, con risultati dannosi per l'inchiesta.
Capo di imputazione D: qui entrano in scena i magistrati che sono subentrati a De Magistris e che sono arrivati dopo la sua revoca.
Infatti, c'è il nuovo procuratore generale Iannelli, ci sono i due PM che si sono occupati dell'inchiesta Poseidone, Garbati e De Lorenzo, e c'è sempre Favi, il procuratore generale facente funzioni di un anno fa.
Sono accusati di abuso, falso e favoreggiamento. Perché?
Perché avrebbero indagato, addirittura, tramite il Ros dei Carabinieri, sul consulente Genchi.
Per indagare su una persona questa deve essere iscritta nel registro degli indagati, perché le indagini possono durare un certo periodo e la persona deve potersi difendere.
Invece, pare che abbiano indagato su di lui, acquisendo lavoro suo e ipotizzando che avesse abusato del suo potere insieme a De Magistris, ma senza iscriverlo nel registro degli indagati.
Indagavano una persona non indagata formalmente per dimostrare, scrivono i magistrati di Salerno, falsamente che Genchi commettesse dei reati nelle sue indagini per conto di De Magistris.
Alla fine, tutto questo sarebbe servito a chiedere l'archiviazione della posizione di Mastella.
Qui stiamo parlando dell'indagine Why Not, che per Mastella viene stralciata e si chiede e ottiene l'archiviazione.
I magistrati di Salerno scoprono che nella richiesta di archiviazione i PM che sono subentrati a De Magistris non ci mettono tutte le carte che c'erano a carico di Mastella: se ne tengono alcune e ne mandano al GIP soltanto una parte.
Così il GIP non ha il quadro complessivo, tant'è che il GIP dice: "beh, se gli elementi erano solo questi non c'erano nemmeno motivi per iscriverlo".
Così tutti a dire: "ecco! Avete visto? Il GIP ha stabilito che De Magistris ha iscritto Mastella anche se non ce n'erano i presupposti".
Ma il GIP non aveva il quadro completo delle accuse di De Magistris a Mastella, perché i PM non gliel'hanno dato.
E perché non gliel'hanno dato? Perché hanno stabilito che dato che Genchi, il consulente informatico, aveva raccolto certi dati - dicono loro - illegalmente, quelli non li potevano dare al GIP.
E in realtà erano proprio i dati fondamentali che spiegano per quale motivo Mastella era finito sotto inchiesta.
Quindi anche la richiesta di archiviazione di Mastella sarebbe un atto illegale, insabbiato da questi magistrati. Questa è l'accusa, poi vedremo se è buona o non è buona, ma la racconto perché voi vi rendiate conto di quanto è grave l'ipotesi accusatoria che ha dato origine a questo blitz di Salerno a Catanzaro.
Vado rapidamente alla fine: capo E.
C'è il nuovo procuratore generale Iannelli, ci sono gli stessi due PM Garbati e De Lorenzo, accusati di nuovo di abuso, falso, favoreggiamento e calunnia.
Perché? Perché quando hanno stralciato dal fascicolo Why Not la posizione di Mastella e hanno chiesto l'archiviazione, hanno praticamente tralasciato una serie di indagini che, se approfondite, avrebbero potuto portare la posizione di Mastella in condizioni più critiche rispetto a quelle che già emergevano quando ci stava lavorando De Magistris.
Infatti ci sono tutte le testimonianze dei consulenti: oltre a Genchi c'è anche il consulente contabile, quello che si occupa dei giri di soldi, Sagona i quali dicono: "ma noi a questi magistrati subentrati a De Magistris gli abbiamo chiesto di poter approfondire la pista dei soldi, ma loro non ce le facevano mai fare, queste indagini. Ci dicevano di non farle.
Noi siamo stati praticamente bloccati, anche dopo la perquisizione al Campanile, e alla fine è ovvio che hanno archiviato: non ci hanno lasciato approfondire le indagini... se c'era De Magistris le approfondivamo e vedevi che magari le accuse si rivelavano più che fondate".
Perché c'è la calunnia, in questo caso, oltre al favoreggiamento a Mastella, il falso e l'abuso? Perché viene contestato a questi magistrati di avere salvato Mastella per l'interesse di Mastella, naturalmente, ma anche per dimostrare che De Magistris era un farabutto, che ce l'aveva con Mastella.
Io do poche carte al GIP, il GIP fa l'archiviazione, scrive che Mastella non andava neppure indagato e così sono riuscito a sputtanare De Magistris e dimostrare che abbiamo fatto bene a buttarlo fuori come un copro estraneo.
Capo F: il solito procuratore generale Iannelli, quello appena arrivato; i pubblici ministeri Garbato e De Lorenzo, quelli che hanno preso le indagini di De Magistris su Why Not; Curcio, quello che ha preso la Poseidone e Murone, procuratore aggiunto, che li sorveglia tutti quanti.
Questi sono accusati di abuso, falso e favoreggiamento nei confronti di tutta una serie di politici e personaggi di livello nazionale che sono usciti da questi fascicoli e sono stati a loro volta archiviati.
Sapete che le indagini di De Magistris sono state dimagrite dai nuovi arrivati, che hanno fatto archiviare e prosciogliere tutti i politici e i personaggi nazionali concentrandosi soltanto su alcune figure locali.
Tutto questo a favore di Pittelli, Bonferroni, Lorenzo Cesa, il generale Cretella, Galati - che all'epoca era nell'UDC e adesso nel Popolo della Libertà - che sono stati stralciati nel procedimento Why Not.
Ancora Cesa, Galati, Chiaravalloti - ex presidente della regione -, il generale Cretella, Papello, il senatore Pittelli e Schettini - segretario di Frattini - che erano indagati in Poseidone: anche loro stralciati verso il proscioglimento.
Con queste richieste di archiviazione si sono separate le varie posizioni, per cui si è perso il quadro d'insieme - questo sostengono i magistrati - mentre invece c'erano elementi che era doveroso approfondire e indagare ancora.
Si è fatto tutto molto in fretta, questa è l'accusa.
Capo G: ci sono ancora il procuratore generale Iannelli, i due nuovi PM di Why Not Garbati e De Lorenzo, accusati di favoreggiamento e rifiuto di atti d'ufficio.
Perché rifiuto di atti d'ufficio? Qui è il problema: quando la procura di Salerno comincia a scoprire che De Magistris ha ragione a denunciare l'insabbiamento delle indagini e la persecuzione nei suoi confronti per isolarlo e per screditarlo, onde dimostrare di aver fatto bene a togliergliele, i magistrati di Salerno cominciano a chiedere al procuratore generale di Catanzaro di esibire copie degli atti di queste indagini, per vedere se è vero che sono state insabbiate.
Vedono che il procuratore generale Iannelli le carte non gliele vuole mandare, non gliele vuole mandare tutte, fa resistenza, manda solo dei pezzi... mentre loro hanno bisogno di vederle tutte.
Perché l'accusa è proprio quella che ne inguantassero una parte per non mandarle magari al GIP e far archiviare qualcuno che, se si fosse visto tutto il quadro d'insieme, non sarebbe stato archiviato.
Allora, l'accusa qui è rifiuto di atti d'ufficio e favoreggiamento nei confronti dei soliti indagati, perché i magistrati suddetti avrebbero rifiutato di trasmettere a Salerno gli atti completi della Why Not.
Peraltro non erano atti coperti da segreto, come dice la procura di Catanzaro: dicono i magistrati di Salerno che erano atti extra investigativi.
A loro interessava soprattutto sapere come e con quali ordini e mandati erano stati date le deleghe delle indagini ai magistrati che hanno sostituito De Magistris, come sono state tolte le consulenze ai Genchi e ai Sagona, oppure sono atti già pubblici perché già finiti davanti al Tribunale dei Riesame, come quelli del caso Mastella che è stato già archiviato.
Quindi, quando dicono di dover proteggere il segreto investigativo o addirittura il segreto di Stato su certe carte del consulente Genchi, secondo Salerno, non è vero niente.
Infatti, c'è scritto persino che Genchi avrebbe raccolto 578.000 richieste anagrafiche di tabulati telefonici mentre, in realtà, Genchi ha smentito e ha detto che sono 700 i telefoni che ho dovuto controllare, in queste gigantesche indagini.
700, se contate che ciascuna persona di questo livello ha di solito una decina di telefoni, fra portatili e fissi, vi rendete conto che è un numero basso.
Ultima accusa: abuso, falso, calunnia e diffamazione a carico di Iannelli, Murone e di un giudice che faceva parte del Consiglio giudiziario di Catanzaro, che era quello che doveva dare i pareri sulla bravura o meno dei magistrati di Catanzaro.
Questi si sarebbero messi d'accordo, o comunque avrebbero agito separatamente, per sputtanare De Magistris, diffondendo notizie false su di lui proprio per coprire le ragioni vere che li avevano indotti a metterlo da parte e a farlo punire dal CSM.
Qui ci sono tutta una serie di dichiarazioni che sono state fatte da questi alti magistrati di Catanzaro, che accusano addirittura De Magistris di assenteismo!
Pensate, dopo averlo accusato di lavorare troppo e di costruire castelli accusatori di fantasia, all'improvviso lo accusano di non lavorare!
Se non avesse lavorato, perché l'avrebbero mandato via? L'avrebbero tenuto lì come tanti altri che non lavorano e non danno fastidio a nessuno.
Ho voluto essere molto tecnico e molto preciso, oggi, perché credo che sentiremo ancora parlare di questa inchiesta.
Anzi, lo spero.
Penso che l'unica speranza per la Calabria e la Basilicata di un po' di giustizia in certi palazzi di giustizia, sia proprio legata al fatto che i magistrati di Salerno, che abbiano o no esagerato non ci interessa in questo momento, possano concludere la loro inchiesta.
Se potranno concludere la loro inchiesta, potremo ancora dire che in Italia c'è speranza che la legge sia uguale per tutti.
Se dopo De Magistris, saranno bloccati anche loro e se l'ANM non cambierà linea e non ammetterà di essersi sbagliata, vuol dire che l'anno che sta per iniziare inizia sotto i peggiori auspici.
Grazie e passate parola!
Marco Travaglio - 22-12-2008

mercoledì 17 dicembre 2008

16-12-2008 - Non resta che leggere l'articolo del settimanale "OGGI", in edicola da domani

ANSA - 16/12/2008 - 20.32.09
DE MAGISTRIS: GENCHI AD 'OGGI', VERI ABUSI CONTRO DI NOI (ANSA) - CATANZARO, 16 DIC - Gioacchino Genchi, il consulente di analisi del traffico telefonico che ha collaborato con l'ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris nell'inchiesta Why Not, in un'intervista al settimanale Oggi accusa la Procura generale di Catanzaro di avere svolto ''abusivamente'' accertamenti sul suo lavoro e su quello del magistrato. ''L'accertamento per De Magistris - sostiene Genchi - poteva farlo solo la Procura di Salerno. E per me quella di Palermo, dove lavoro e ho svolto tutte le mie attivita'. E inoltre, se nessuna indagine poteva essere delegata al Ros di Roma, ancora meno poteva essere delegata a quelle particolari persone del Ros. Se i tabulati acquisiti avevano un senso, non si potevano affidare ai soggetti che emergevano proprio dagli stessi tabulati''. Genchi, nell'intervista, nega di aver trattato l'utenza dell'ex Ministro della Giustizia, Clemente Mastella, senza la necessaria autorizzazione. ''Il numero di telefono di Mastella analizzato da Genchi e che e' all'origine del braccio di ferro tra l'ex ministro e l'ex pm Luigi De Magistris - riferisce Oggi in un comunicato in cui sintetizza l'intervista - non era affatto intestato alla Camera dei deputaticome affermato dai carabinieri del Ros) ma al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ed aveva perfino scheda e operatore telefonico diverso da quello rilevato dai carabinieri''. ''Appena scoprii che quel numero lo usava Mastella - afferma Genchi - lo comunicai a De Magistris. Ho recentemente scoperto, analizzando le intercettazioni dell'inchiesta Toghe lucane, svolte dalle forze dell'ordine, che Mastella e' stato anche intercettato mentre trattava faccende locali con alcuni esponenti del centrosinistra''. Genchi, riferisce ancora il settimanale, ''conferma che il suo archivio, assolutamente autorizzato, contiene la rilevazione di utenze di autorevoli esponenti dei servizi segreti, ma solo perche' emerse nel corso dell'inchiesta Why Not. Non mi pare - aggiunge - che i servizi siano al di sopra della legge''. ''Sempre a proposito di utenze eccellenti - afferma Oggi - Genchi rivela come nell'archivio esistano utenze di parlamentari, ma quei numeri emersi nell'inchiesta non sarebbero mai stati intestati alla Camera o al Senato o ai parlamentari stessi. Genchi rivela anche anche l'inquietante vicenda di un parlamentare che avrebbe 'attivato una decina di schede, poi affidate a persone vicine a killer mafiosi in Calabria''. (ANSA). 16-DIC-08 20:31

giovedì 11 dicembre 2008

11-12-2008 - In risposta all'on. Minniti ed agli errori del ROS … se ancora è possibile considerarli tali!

Ieri sera, mentre rientravo da Locri - dove ho partecipato alla quinta udienza della Corte d’Assise (protrattasi per tutta la giornata) – per l’omicidio del capomafia di Siderno Salvatore Cordì, mi ha chiamato al cellulare il giornalista RAI Bruno Sokolovic, che mi ha letto una gravissima dichiarazione rilasciata sul mio conto dall’on. Marco Minniti (calabrese), ministro ombra dell’Interno del Partito Democratico.
Dopo gli affondi di D’Avanzo e di Bianconi, le dichiarazioni di Minniti (e di qualche altro che lo ha seguito a ruota) non mi hanno meravigliato più di tanto.
Ho replicato all’on. Minniti con l’intervista andata in onda al GR1 della RAI (nell’edizione delle ore 08:00 di oggi) che vi invito ad ascoltare:
http://www.radio.rai.it/MediaRai/player.cfm?Q_CANALE=http://www.radio.rai.it//grr/gr_1/archivio_2008/audio/gr1_20081211.0800.ram
Sono indignato delle dichiarazioni dell’on. Minniti, che è anche calabrese ed è stato pure Sottosegratario al Ministero dell’interno.
L’on. Marco Minniti sa benissimo qual è stato e qual è il mio impegno nei più importanti processi di mafia, di strage e di omicidio, perpetratisi in Calabria negli ultimi anni (e non solo in Calabria!) - fino a qualche giorno addietro - al fianco di numerosissimi magistrati onesti, bravi e coraggiosi.
Sono onorato ed orgoglioso della loro fiducia che non è mai venuta meno, nonostante le “tragedie” orchestrate da chi li ha depistati e, probabilmente, ha fatto pure loro commettere degli errori.
Sono certo, conoscendo alcuni di loro, che mai sarebbe accaduto quel che è accaduto, se a quei magistrati fossero state fornite delle corrette informazioni.
Forse il vero problema sta proprio in questo e non va ricercato all’interno della Magistratura, come in tanti si ostinano ancora a fare, nel tentativo di conseguire altri risultati.
Molti hanno citato il Capo dello Stato - anche a sproposito - al punto che la Segreteria Generale del Quirinale è stata più volte costretta ad intervenire.
Nessuno, però, si è ricordato di citare il più autorevole ed importante provvedimento che il Presidente Napolitano ha adottato quando era Ministro dell’Interno.
Mi riferisco alla famosa “Circolare Napolitano”, con cui ha cercato di limitare la autoreferenzialità del ROS dei Carabinieri nelle indagini giudiziarie, al di sopra delle competenze funzionali dei Pubblici Ministeri, dei Procuratori Distrettuali e dello stesso Procuratore Nazionale Antimafia.
La regolazione e la limitazione di competenze e prerogative si riferiva proprio all’organo centrale del ROS (quello di Roma).
Ripreso quota il ROS - per la sostanziale disapplicazione della “Circolare Napolitano” - in modo molto discutibile (commettendo pure clamorosi errori), proprio un organo centrale del ROS di Roma ha svolto gli accertamenti sul conto del dr. Luigi de Magistris e su di me, su delega dell’Avvocato Generale di Catanzaro, che aveva avocato l’indagine “Why Not”.
Di quell’organo hanno fatto parte e fanno parte soggetti che ritenendosi formalmente Carabinieri, entrano ed escono dai servizi di sicurezza a seconda delle ventate politiche del momento.
A questi si aggiungono quanti - transitando tra il ROS, la PIRELLI o qualche altra azienda telefonica - hanno cercato e cercano di riaccreditarsi al cospetto dei potenti di turno, montando “tragedie”, con conseguenze che sono state devastanti per le Istituzioni e la Magistratura.
Purtroppo molti politici, anche in buona fede, quando entrano nelle stanze dei bottoni non riescono a restare indifferenti a queste “sirene” e - col tempo - finiscono essi stessi per cadere nella trappola.
Alle stesse “sirene”, purtroppo, finiscono per soggiacere taluni magistrati in buona fede e le conseguenze sono parimenti gravi.
A volte l’ambizione, a volte la speranza di facilitare qualche risultato investigativo, tradiscono i buoni intendimenti ed arrecano danni sostanziali alla giustizia, tradendo le nobili finalità che si intendevano perseguire.
Usare certi discutibili sistemi nelle indagini giudiziarie è come il doping per l’atleta.
Si ha la sensazione di arrivare i primi e di fare meglio.
Prima o dopo, però, se ne pagano le conseguenze sulla persona e si rischia pure di essere squalificati!
A proposito di una certa genia del ROS, non è il caso che si parta dalle indagini sulle stragi del ’92 e ‘93, , dal “Papello”, dalla mancata perquisizione del covo di Riina, dal suicidio del Mar. Lombard, dall’omicidio di Luigi Ilardo, dalla continuata mancata cattura di Bernardo Provenzano, dalla trattativa con Cosa Nostra, dalle indagini sulle talpe alla DDA di Palermo o alle infiltrazioni spinistiche all’interno della Telecom, per arrivare ai rampolli di quella genia, variamente distribuiti fra ROS, aziende telefoniche private ed accreditate agenzie spionistiche.
Talune di queste ancora lucrano milioni e milioni di euro dallo Stato.
Non è nemmeno il caso che io richiami le numerose e purtroppo dolorose indagini su appartenenti al ROS ed all’Arma dei Carabinieri, che in questi anni sono stato costretto ad assistere e partecipare, al fianco ed a servizio di magistrati coraggiosi (Pubblici Ministeri, Giudici e Tribunali).
I processi si sono conclusi con condanne esemplari.
Qualcuno, forse, oggi me la vuole far pagare anche per quello e - come diciamo a Palermo - ha cercato di "pulirsi il coltello".
A quelle indagini (come a numerosissime altre) ho avuto l’onore di lavorare (come sto lavorando) con degli onesti e bravi Carabinieri, con i quali ho condiviso i successi per i risultati conseguiti.
A loro va la mia più alta stima, amicizia e considerazione, per l’attaccamento allo Stato ed alla Legge, che hanno dimostrato nell’assolvere ai loro compiti di istituto.
Carabinieri onesti, professionali e volenterosi che, anche quando hanno fatto accesso al ROS, non hanno mai dimenticato di essere CARABINIERI, mantenendo alto il valore del giuramento di fedeltà allo STATO ed alle sue LEGGI.
Nel mio percorso professionale ho dovuto prendere atto, purtroppo, che molti carabinieri passati al ROS (Reparto Operativo Speciale) avevano contrabbandato per finalità poco commendevoli il loro giuramento di fedeltà allo STATO ed alle sue LEGGI.
Altri hanno fatto la stessa cosa nelle diverse fasi di entrata ed uscita dai Servizi di Sicurezza e dalla varie sigle di società private, più o meno collegate agli stessi "Servizi".
Altri si sono pure dimenticati di essere CARABINIERI, o se ne sono ricordati solo perché era cambiato il vento (o il padrone di turno), ed era necessario rientrare nei ranghi dell’Arma.
Su taluni appartenenti agli apparati deviati dello Stato si stavano concentrando gli ambiti più importanti delle indagini, quando sono state fermate, a seguito dell’avocazione e della delega ai ROS.
In questo la cosa che mi fa più rabbia è l’avere rilevato che si stava indagando anche a tutela di politici, di alte cariche dello Stato (vedi il Vicepresidente del C.S.M.) e di alti Magistrati, che hanno finito per attaccare e censurare l’operato di chi solo cercava di difenderli.
Si veda per tutti la diffusione della falsa notizia dell’acquisizione dei tabulati delle loro utenze.
Questo ed altro è stato inserito nel tritacarne di chi ha gestito abilmente le orchestrazioni mediatiche delle ulteriori fughe di notizie, che sono state foriere di provvedimenti giudiziari abnormi.
Mi limito a definire abnormi quei provvedimenti solo per la quiete istituzionale che il Capo dello Stato ha richiesto ed ha imposto a tutti con la sua autorevolezza.
Basta leggere le puntuali anticipazioni giornalistiche di un noto quotidiano calabrese per rendersi conto di qual è oggi il vero e reale problema della Calabria, ben oltre la Ndrangheta, la criminalità comune ed il malaffare.
In un circuito perverso di complicità e di ricatti incrociati, le vittime sono finite per diventare complici dei burattinai, che ancora tirano le fila di una vicenda che sta rischiando di travolgere tutto e tutti.
Quello che sta accadendo ha dell’incredibile.
Mi sembra di trovarmi sul set di “Scherzi a parte”.
L’unica cosa è che non ho mai visto una puntata che durasse così a lungo.
Mi auguro – anzi sono certo – che le Istituzioni sapranno reagire e trovare subito delle soluzioni efficaci, che poco mi pare si possano conciliare con delle punizioni ispirate solo da regole di “cerchiobottismo”.
Ne vale di quel che resta della credibilità dello Stato e della Magistratura.
Ne vale del lavoro onesto e del sacrificio di tanti – magistrati, poliziotti, carabinieri, finanzieri – che hanno dato e danno il massimo di se stessi per la tutela dello Stato e per l’affermazione della Legge.
Se non sentiamo il bisogno e la capacità di ritornare a riflettere nel nome dei vivi e nel rispetto della Legge, quanto meno facciamolo nel nome e nel ricordo dei morti.
Di quanti nel nome dello STATO, della GIUSTIZIA e di una LEGGE che fosse “UGUALE PER TUTTI” hanno combattuto con coraggio e determinazione, fino all’estremo sacrificio della vita.
Abbiano in nome di costoro gli uomini delle Istituzioni – vuoi nei Palazzi di Giustizia che nei Palazzi del potere – il coraggio di abbandonare le logiche degli schieramenti, le appartenenze correntizie e corporative delle caste e levare alte le proprie coscienze alla ricerca ed all’affermazione di una morale, che sta al di sopra della Legge e che - al pari della Legge - è stata in questi giorni gravemente vilipesa, come mai era accaduto in questa Nazione.
Palermo, 11-XII-2008
Gioacchino Genchi

martedì 9 dicembre 2008

09-12-2008 - Dedicato a Giuseppe D'Avanzo ed a Giovanni Bianconi, se troveranno la voglia ed il tempo di riflettere per quanto hanno scritto su di me!

MAFIA: PALERMO, ERGASTOLO IN APPELLO PER DUPLICE OMICIDIO (AGI) - Palermo, 9 dic. - La prima sezione della Corte d'Assise di Appello di Palermo ha condannato all'ergastolo Salvatore Bagliesi, un agricoltore di Partinico imputato del duplice omicidio di Francesco Paolo Alduino e Roberto Rossello, uccisi a Partinico (Palermo) il 10 aprile del 1999. In primo grado Bagliesi era stato assolto e oggi il collegio presieduto da Innocenzo La Mantia, a latere Alfredo Montalto, ha accolto il ricorso presentato dal Pm Francesco Del Bene e dal procuratore generale Daniela Giglio. Bagliesi era libero e dopo la lettura della sentenza si e' allontanato dall'aula. Determinante per risalire alla responsabilita' dell'imputato e' stata una perizia del super esperto informatico Gioacchino Genchi, che ha accertato che la mattina del delitto, cosi' come aveva sostenuto il pentito Michele Seidita, Bagliesi si trovava nella zona in cui fu commesso il duplice omicidio, cioe' nel panificio gestito da Alduino. L'omicidio e' ricollegato a un contesto di mafia, al quale Rossello, garzone del panificio, era del tutto estraneo. (AGI)

lunedì 8 dicembre 2008

08-12-2008 - E i corvi continuano a gracchiare intorno ai Palazzi di Giustizia - Legitima difesa riapre!

Cari amici,
a distanza di un anno – quasi fosse una coincidenza – i corvi che gracchiano ancora intorno ai Palazzi di Giustizia mi hanno costretto a ritornare sul mio blog.
Mi scuso e ringrazio i tanti amici, i colleghi ed i giornalisti democratici che mi hanno chiamato, scritto e-mail, o che hanno tentato di chiamarmi ed ai quali non ho potuto rispondere e non potrò rispondere.
A breve mi farò sentire e mi leggeranno in molti, anche quelli che scrivono a sproposito, solo perché ho avuto la ventura di imbattermi in qualche amico loro ...
A presto, quindi.
Gioacchino Genchi