

Benvenuti. Tutto pensavo, tranne che, con le tante cose che ho da fare, avrei pure dovuto creare un Blog. Dicono che in fondo è anche "In". Per me è solo "legittima difesa". Gioacchino Genchi (E-mail: legittima.difesa@gmail.com)
di Gioacchino Genchi, dal blog de "il Fatto Quotidiano" del 9 novembre 2010
Domenica abbiamo assistito al ritorno di Morgan in tv dopo una lunga assenza.
Al sinedrio dei satrapi della morale a corrente alternata era bastata la sua coraggiosa ammissione di avere fatto uso di cocaina per decretarne l’esclusione dal Festival di Sanremo. La preda era troppo ghiotta per non essere sbranata dai famelici sciacalli della falsa informazione di regime.
Poi lo sappiamo tutti quello che è diventato Sanremo.
Con nostalgia ricordo quando ero bambino. A casa si contavano i giorni alla rovescia per la trepidazione del Festival.
Quello non era solo il Festival della canzone. Teneva inchiodate per serate intere le famiglie con l’orecchio alla radio e i più fortunati davanti al televisore.
A casa mia venivano pure i parenti ed i vicini per assistere in tv ad un evento che ci faceva sentire tutti orgogliosi di essere italiani.
Nonostante il televisore in bianco e nero, il segnale debole ad intermittenza e il nevischio che accompagnava la trasmissione, quel Festival ci rendeva tutti felici.
Oggi Sanremo è diventata la sagra dell’ipocrisia. Riflettendo bene, sembra proprio la variante musicale di una qualunque puntata di Porta a Porta.
E’ normale, quindi, che Morgan fosse escluso da Sanremo e che la sua esclusione fosse bollata col marchio dell’infamia.
Qull’infamia di cui hanno bisogno gli ipocriti quando devono enfatizzare le malefatte altrui solo per nascondere le proprie.
Il povero Morgan è stato lasciato solo. Emerginato e considerato un reietto, come se fra quelli che vanno in televisione e partecipano ad un Festival fosse stato il solo ad aver fatto uso di cocaina.
E’ così è proseguito il suo assassinio dell’immagine, o per dirla alla D’Avanzo, a proposito di Boffo, la character assassination.
In pochi, con coraggio, gli siamo rimasti amici e per quello che ci è stato possibile abbiamo cercato di aiutarlo.
Fra questi Adriano Celentano e Claudia Mori hanno avuto certamente la parte più importante. Con loro quanti hanno avuto sempre il coraggio delle proprie azioni.
Ognuno, comunque, può pensarla come vuole su Morgan, sulle sue debolezze, sul suo passato e sul suo futuro.
Per me il suo ritorno in televisione è comunque un segno di civiltà e di democrazia. Di chi ha il coraggio di ammettere i propri errori e, speriamo, saperli superare.
L’occasione, però, ci deve far riflettere su quanti hanno usato Morgan per nascondere le proprie immoralità, abusando del suo consumo di cocaina.
Quanti dovrebbero essere esclusi dai “Festival” della politica, delle istituzioni e del governo del Paese, per avere fatto molto di più e di peggio di quanto ha fatto a Morgan, avendo avuto, peraltro, il coraggio morale di parlarne liberamente.
La riflessione sulla condotta e sulla morale mi viene rileggendo i requisiti di ammissione ai concorsi nell’Arma dei Carabinieri e “nelle amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia e presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri”.
L’art. 2, comma 5, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 9 maggio 1994, infatti, vincola al “requisito della condotta e delle qualità morali” la possibilità di concorrere in una qualunque di quelle istituzioni.
Per portare un esempio, se oggi Silvio Berlusconi dovesse presentare la domanda anche per semplice Carabiniere, prima ancora di chiamarlo alla visita medica ed escluderlo per l’altezza, lo avrebbero già escluso per carenza del “requisito della condotta e delle qualità morali”.
Né Belpietro, né Ghedini, né tanomeno la Santanchè sarebbero riusciti a difenderlo davanti alla Commissione per l’idoneità.
Allo stesso modo, se Berlusconi avesse presentato la domanda per prestare servizio alla Presidenza del Consiglio – dove il requisito dell’altezza (e non solo quello …) non è richiesto – per effetto della stessa norma avrebbero cestinato la domanda.
Si dà il caso, però, che in una Italia ipocrita che ha il coraggio di escludere Morgan dal Festival di Sanremo e di esporlo alla gogna, uno come Silvio Berlusconi possa fare il Presidente del Consiglio senza possedere nemmeno i “requisiti della condotta e delle qualità morali” per essere assunto come usciere in quell’ufficio.
Qualcuno potrà obiettare che Berlusconi non ha mai fatto domanda per diventare Carabiniere e a Palazzo Chigi lo hanno mandato gli elettori, non certo a fare l’usciere.
Certo, anche questo è vero ed infatti in questa Italia, che è la culla del diritto, non si richiedono al Presidente del Consiglio dei Ministri gli stessi requisiti di “condotta e di moralità“ che si richiedono per essere assunto come usciere in quell’Ufficio.
Al Presidente del Consiglio dei Ministri, però, come a chiunque ricopra cariche istituzionali, si applica l’art. 54 della Costituzione, che non è stato ancora abrogato da Alfano, né dalle infinite leggi ad personam con cui Berlusconi continua a governare.
La lettura della norma sembra poesia e questa mattina l’ho voluta rileggere tante volte, solo per disintossicarmi dall’ultima puntata di Porta a Porta di ieri sera. Un vero pugno allo stomaco dopo avere visto Abbado, Benigni e Saviano.
Proprio l’art. 54 della Costituzione, al secondo comma, recita che “I cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”.
Ebbene cari amici è proprio questo il punto.
Oggi abbiamo la certezza conclamata che chi è stato designato ad esercitare le funzioni di Presidente del Consiglio ha perso – semmai li ha posseduti nel passato – i requisiti minimi per esercitare con “onore” le sue funzioni.
Ecco quindi l’esigenza che quanti in Italia esercitano il controllo costituzionale sul presidente del Consiglio – il Parlamento, il Presidente della Repubblica, i partiti d’opposizione e perché no, anche quelli di maggioranza – ne prendano atto con urgenza, se non altro per evitare che il mondo continui a riderci in faccia.
di Gioacchino Genchi, dal blog de "Il Fatto Quotidiano" del 4 novembre 2010
Un amico professore di diritto costituzionale che passa per essere severo mi ha dato una notizia che mi ha fatto sorridere: "sai Gioacchino, da quando ti hanno sentito al COPASIR mi sono dovuto trovare un'altra domanda per dare 30 e lode".
Già, perché prima che scoppiasse il "caso Genchi", all'esame di diritto costituzionale persino gli studenti più preparati stentavano a ricordare cosa fosse.
Così per i più bravi alla fine arrivava la domanda sul COPASIR. Quelli che rispondevano avevano il 30 e lode assicurato.
Gli studenti, però, avevano studiato quello che c'è scritto nei libri di diritto costituzionale.
Questo, fateci caso, è molto diverso da quello di cui il COPASIR ha iniziato ad occuparsi da qualche tempo.
Nato dalla ceneri del CO.PA.CO., forse l'acronimo di Comitato Parlamentare di Controllo sui Servizi di Sicurezza non andava giù a quanti in Italia hanno poca voglia di farsi controllare (persino dal Parlamento).
Così gli hanno cambiato nome, ma nella legge istitutiva le sue competenze sono scritte chiaramente:"Il Comitato verifica, in modo sistematico e continuativo, che l'attività del Sistema di informazione per la sicurezza si svolga nel rispetto della Costituzione, delle leggi, nell'esclusivo interesse e per la difesa della Repubblica e delle sue istituzioni."
E' chiaro, quindi, che Il Comitato Parlamentare sulla Sicurezza della Repubblica deve vigilare sull'operato dei servizi di sicurezza e non su chi indaga sull'operato dei servizi di sicurezza.
E' stato così che con l'aiuto del Toro di turno è stato facile persino inventarsi il reato di "illecita acquisizione dei tabulati di appartenenti ai servizi di sicurezza".
E visto che a qualcuno (nella specie a Genchi) ancora non erano riusciti a fargli pagare il conto per essere stato il primo (già nel 1992, all'epoca delle indagini sulle stragi) ad acquisire i tabulati di Contrada, di Narracci e dei vertici del SISDE, l'occasione è stata ghiotta per quanti lo attendevano al varco da 17 anni.
La ribalta mediatica è un po' di inesperienza hanno fatto abboccare all'esca anche chi era in buona fede.
E' stato così che anche autorevoli esponenti dell'opposizione hanno fornito l'assist a Berlusconi, accodandosi al coro di quanti pensavano di avere scoperto "il più grande scandalo della Repubblica".
Meno male che hanno fatto salvo il periodo sabaudo, altrimenti avrei dovuto rispondere di tutte le malefatte almeno dall'unità d'Italia.
Dopo il successo del tiro al piccione bipartisan su Genchi, ricorderete l'altra inchiesta del COPASIR sulla idiozia del rischio per la sicurezza dello Stato derivante dagli "SMS spia", con cui è stata aperto il Tg1 della sera del 19 marzo 2009.
Ancora ricordo la faccia del povero Sassoli dopo il servizio di Laura Cason, anche questo dal titolo sobrio ed obiettivo: "Il COPASIR lancia l'allarme degli SMS spia. Piccoli Genchi crescono".
Molti mi hanno sollecitato a querelare la giornalista per avermi offeso, visto che non era possibile perseguirla per avere offeso l'intelligenza di tutti gli italiani. In compenso quella trovata ha fatto guadagnare a Rutelli l'ennesima presenza a Porta a Porta, dove notizie così ghiotte non vengono mai prese sotto gamba.
Col cambio di guardia al vertice del COPASIR adesso è D'Alema ad avere convocato Berlusconi.
Ironia della sorte, a distanza di meno di due anni Berlusconi dovrà sedere nella stessa sedia dove hanno fatto sedere me, in fondo al tavolo ovale del COPASIR, al sesto piano di Palazzo San Macuto.
In quella stanza decorata con seta celeste alle pareti, da allora è cambiato solo il presidente.
E' bastata la convocazione di D'Alema per spostare l'attenzione dei media sui presunti rischi alla sicurezza del premier.
Non si parla più di escort, di minorenni, di prostituzione, di droga e di interessate telefonate, perché a quanto pare è altro che il COPASIR vuole chiedere a Berlusconi.
Della crisi economica, della disoccupazione, dei precari della scuola, delle leggi ad personam e dell'immondizia di Napoli era già da tempo che non si parlava più.
L'assassinio della povera Sarah, con tutto quello che ne è seguito, è stato dato in pasto ai fameliciprofessionisti della disinformazione che non hanno trovato nulla di più utile per non parlare delle malefatte del Premier.
Con il calo della pressione mediatica si sono pure attenuati i mal di pancia nella maggioranza e le colombe dei finiani sono riuscite a prevalere sulla decisione nel voto per salvare Lunardi, grazie anche all'interessato intervento del doppio lavoro di uno dei tanti avvocati che siedono in Parlamento, che ormai si è ridotto al festival del conflitto di interessi.
Adesso, però, l'attenzione delle Istituzioni è tutta rivolta ai problemi della sicurezza di Berlusconi.
Si potrebbe obiettare che il vero problema delle Istituzioni è Berlusconi e non la sua sicurezza, ma ancora in Parlamento la maggioranza non la pensa in questo modo (speriamo per poco).
E così ci tocca occuparci della sicurezza del Premier.
Certo Berlusconi in fatto di sicurezza è stato sempre molto originale.
In molti ricordano ancora quando si portò Vittorio Mangano ad Arcore per sentirsi più sicuro, fino alla scorta fatta in casa che non è nemmeno riuscita ad impedire che lo colpissero con un souvenir del Duomo di Milano.
Sorvoliamo sulla facilità con cui nelle sue ville e persino nelle residenze di Stato siano stati eseguite riprese audio, cortometraggi e book fotografici persino delle parti intime degli ospiti, che nell'occasione di corto avevano ben poco.
Possiamo quindi affermarlo senza tema di smentita, che in fatto di sicurezza Berlusconi non è stato sempre accorto.
Se a questo aggiungiamo che gli uomini impegnati alla sua tutela debbono pure eseguire i trasbordi delle escort e gestire il call center con le questure e i questurini, è naturale che rimangono loro poche possibilità di occuparsi della sua sicurezza.
Bene quindi ha fatto D'Alema a convocarlo al COPASIR, a meno che la seduta non si concluda con la degustazione di una ulteriore crostata.
Infatti, se le preoccupazioni di D'Alema fossero più dirette ai rischi della sicurezza politica di Berlusconi ed alla tenuta del governo, a nulla vale rivedere le sue misure di protezione e rinforzargli la scorta.
Forse per risolvere i veri problemi di Berlusconi, più che arruolare altri poliziotti e carabinieri per rinforzargli la scorta, serve qualche puntello parlamentare, magari da reperire al mercato delle vacche che, come sappiamo, è sempre aperto e non chiude neanche nei festivi.
Se poi vogliamo essere onesti e dire le cose come stanno, gli unici rischi concreti alla "sicurezza" di Berlusconi provengono solo dalle sue sregolatezze.
In questo di scarso aiuto può essergli D'Alema con tutto il COPASIR.
Quando analizzeranno le sue condotte e il suo tenore di vita, non potranno che concludere con me che gli unici rischi concreti che corre Berlusconi, escluse (per tante ragioni) quelle di gravidanze indesiderate, sono solo quelli di contrarre delle malattie veneree.
Per evitare questi ed altri rischi Berlusconi è già ben assistito dalle sue igieniste e non credo che il COPASIR, nonostante le buone intenzioni di D'Alema, riuscirà ad eguagliarle.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/11/04/b-a-rischio-di-malattie-veneree/