domenica 28 novembre 2010

Anche per Genchi è arrivata la telefonata alla Questura ....

Cari amici, ieri, poco prima dell'inizio della manifestazione di Casoli, un funzionario di Polizia della Questura di Chieti mi ha raggiunto per notificarmi la convocazione per il Consiglio Centrale di Disciplina che si terrà l'1-12 al Ministero dell'Interno, in Via del Castro Pretorio 5, per decretare la mia destituzione definitiva dalla Polizia di Stato "per avere offeso il prestigio dell'on. Silvio Berlusconi al Congresso dell'IDV". Tutte le mie istanze di accesso e le richieste difensive, fra le quali l'audizione del Ministro Maroni su alcuni punti precisi della contestazione, sono state respinte.
A breve pubblicherò sul blog gli atti del procedimento disciplinare.

giovedì 25 novembre 2010

Gioacchino Genchi e Attilio Bolzoni a Gioia Tauro (RC), venerdì 26 novembre 2010, alle ore 17:00


Venerdì 26 novembre 2010, alle ore 17:00, al Palzzo Fallara di Gioia Tauro (RC), parteciperò con Attilio Bolzoni alla presentazione del suo libro "Faq Mafia". L'evento è organizzato dal Consorzio "Piana Sicura". Interverranno il Gen. Angiolo Pellegrini, il giornalista Giuseppe Baldassarro. Modererà il dibattito il giornalista Francesco Toscano.

lunedì 22 novembre 2010

Gioacchino Genchi e Leoluca Orlando a Casoli (CH), sabato 27 novembre 2010, alle ore 16:00


Sabato 27 novembre 2010, alle ore 16:00, al Teatro comunale di Casoli (Chieti), in C.so Umberto I, parteciperò con Leoluca Orlando al convegno-dibattito sul tema "Le nuove mafie dai colletti bianchi", con la presentazione del libro "Il caso Genchi - Storia di un uomo in balia dello Stato", di Edoardo Montolli, Aliberti Editore.
Modera il dibattito Lea Del Greco (organizzazione Massimiliano Travaglini e Massimo Tiberini).

mercoledì 17 novembre 2010

Gioacchino Genchi a Bergamo, venerdì 19 novembre 2010, alle ore 21:00


Venerdì 19 novembre 2010, alle ore 21:00, a Bergamo, presso la Sala della Fondazione Serughetti - La Porta, in Viale Papa Giovanni XXIII, 30, parteciperò alla presentazione del libro "Il caso Genchi - Storia di un uomo in balia dello Stato", di Edoardo Montolli, Aliberti Editore.
L'incontro è organizzato dal Coordinamento provinciale di Bergamo di "Libera".

venerdì 12 novembre 2010

L'evoluzione di Saviano

L'evoluzione di Saviano
di Gioacchino Genchi, dal blog de "il Fatto Qutotidiano" dell'11 novembre 2010



Pure io ho assistito all'ultima puntata di "Vieni via con me" ed ho apprezzato l'intervento di Saviano.

A parte qualche imprecisione su Sciascia e Borsellino, condivido ogni parola del suo monologo. Purtroppo non è stato Sciascia col suo articolo a firmare la condanna a morte di Paolo Borsellino.

Magari i nemici di Falcone e Borsellino fossero stati quelli come Sciascia, Orlando o Galasso.

Ma questa è un'altra storia.

Apprezzo comunque Saviano per il coraggio con cui nel giro di pochi mesi ha avuto la capacità di occuparsi di aspetti molto più complessi e pericolosi delle dinamiche mafiose, di quanto non lo siano gli spacciatori e i killer di Scampia.

Giovani accecati dalla droga. Giovani privi di sentimenti e di valori che una società corrotta non è riuscita ad educare ed istruire. Giovani a cui viene armata la mano per uccidere altri simili, nel nome della stessa cultura della violenza e della morte.

Della cultura della mafia per la quale a fronte di una crescita esponenziale dei profitti dell'illecito, il valore della vita invece vale sempre meno.

I suoi libri e il suo film sono delle opere di ineguagliabile pregio giornalistico.

Quelle immagini e quei dialoghi ci fanno toccare con mano gli aspetti più cruenti e purtroppo ancora reali della criminalità campana.

Quelle scene di verità cruenta, però, racchiudono in sé gli aspetti più pericolosi della forza della mafia.

Di una mafia, però, che in molti riescono a cogliere solo sentendo il puzzo dei cadaveri, il botto degli spari o gli squarci di una esplosione.

Di una mafia che per molti è solo quel che resta sull'asfalto delle pozze di sangue versate dai morti o dalle tracce di gesso che segnano i bossoli dei proittili che sono stati sparati per ammazzarli.

Nel potere suggestivo e distruttivo di quelle immagini si racchiude le vera e forse la più pericolosa forza della mafia, che quelle immagini riescono a nascondere.

La forza di una mafia che con le manifestazioni più cruente della sua violenza, con le icone storiche dei boss e dei latitanti, ci vuole fare credere che la mafia è solo quello.

E' con quelle immagini, appunto, che la mafia è riuscita e riesce a nascondere gli aspetti più pericolosi delle sue collusioni con la politica e le istituzioni.

I volti dei morti, come quelli dei killer che li hanno uccisi, anche quando vengono arrestati o uccisi pure loro, vengono dati in pasto alla stampa e molto spesso troppo enfatizzati, fino al punto da far credere alla gente che solo quello è mafia.

La rappresentazione cruenta delle propria violenza finisce così per diventare lo schermo di protezione della mafia, nel nome di una pseudo cultura antimafia che finisce per diventare funzionale alla stessa mafia.

Saviano questo da alcuni mesi l'ha capito e si sta dedicando con un impegno encomiabile a colmare quel vuoto che le sue inchieste giornalistiche avevano lasciato in chi, come me, non ha mai considerato la rappresentazione della mafia nelle sole immagini scattate nel corso dei sopralluoghi delle tante ricognizione di cadaveri.

Mi auguro quindi che Saviano, se glielo consentiranno, vada avanti nel percorso che ha imboccato.

Mi auguro che Saviano continui nelle sue inchieste giornalistiche per dimostrare che la mafia e la camorra non sono solo i vari Sandokan e i killer di Scampia.

Mi auguro che Saviano possa denunciare i tanti, troppi, Cosentino che ancora si fanno scudo delle istituzioni e della politica.

Mi auguro che Saviano non pubblichi più i suoi libri con la Mondadori.

Mi auguro di non vedere più una copertina di Panorama col sul volto.

Mi auguro che Saviano, specie dopo l'ultima vicenda di Ruby, non pensi più che "Maroni è uno dei migliori ministri dell'Interno di sempre".

Se così sarà mi identifico pure io nelle sue parole e mi riconosco nel frammento infinitesimale che mi appartiene del tricolore che ha avvolto tra le mani.

Quello stesso tricolore che ha avvolto le bare di quanti sono morti per la Verità e la Giustizia.

Una Verità e una Giustizia che non possono e non devono mai essere appannaggio di quei tanti politici e partiti – di destra e di sinistra – che inopinatamente se ne sono spesso appropriati.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/11/11/l%E2%80%99evoluzione-di-saviano/76411/

martedì 9 novembre 2010

I casi Morgan e Berlusconi

di Gioacchino Genchi, dal blog de "il Fatto Quotidiano" del 9 novembre 2010


Domenica abbiamo assistito al ritorno di Morgan in tv dopo una lunga assenza.

Al sinedrio dei satrapi della morale a corrente alternata era bastata la sua coraggiosa ammissione di avere fatto uso di cocaina per decretarne l’esclusione dal Festival di Sanremo. La preda era troppo ghiotta per non essere sbranata dai famelici sciacalli della falsa informazione di regime.

Poi lo sappiamo tutti quello che è diventato Sanremo.

Con nostalgia ricordo quando ero bambino. A casa si contavano i giorni alla rovescia per la trepidazione del Festival.

Quello non era solo il Festival della canzone. Teneva inchiodate per serate intere le famiglie con l’orecchio alla radio e i più fortunati davanti al televisore.

A casa mia venivano pure i parenti ed i vicini per assistere in tv ad un evento che ci faceva sentire tutti orgogliosi di essere italiani.

Nonostante il televisore in bianco e nero, il segnale debole ad intermittenza e il nevischio che accompagnava la trasmissione, quel Festival ci rendeva tutti felici.

Oggi Sanremo è diventata la sagra dell’ipocrisia. Riflettendo bene, sembra proprio la variante musicale di una qualunque puntata di Porta a Porta.

E’ normale, quindi, che Morgan fosse escluso da Sanremo e che la sua esclusione fosse bollata col marchio dell’infamia.

Qull’infamia di cui hanno bisogno gli ipocriti quando devono enfatizzare le malefatte altrui solo per nascondere le proprie.

Il povero Morgan è stato lasciato solo. Emerginato e considerato un reietto, come se fra quelli che vanno in televisione e partecipano ad un Festival fosse stato il solo ad aver fatto uso di cocaina.

E’ così è proseguito il suo assassinio dell’immagine, o per dirla alla D’Avanzo, a proposito di Boffo, la character assassination.

In pochi, con coraggio, gli siamo rimasti amici e per quello che ci è stato possibile abbiamo cercato di aiutarlo.

Fra questi Adriano Celentano e Claudia Mori hanno avuto certamente la parte più importante. Con loro quanti hanno avuto sempre il coraggio delle proprie azioni.

Ognuno, comunque, può pensarla come vuole su Morgan, sulle sue debolezze, sul suo passato e sul suo futuro.

Per me il suo ritorno in televisione è comunque un segno di civiltà e di democrazia. Di chi ha il coraggio di ammettere i propri errori e, speriamo, saperli superare.

L’occasione, però, ci deve far riflettere su quanti hanno usato Morgan per nascondere le proprie immoralità, abusando del suo consumo di cocaina.

Quanti dovrebbero essere esclusi dai “Festival” della politica, delle istituzioni e del governo del Paese, per avere fatto molto di più e di peggio di quanto ha fatto a Morgan, avendo avuto, peraltro, il coraggio morale di parlarne liberamente.

La riflessione sulla condotta e sulla morale mi viene rileggendo i requisiti di ammissione ai concorsi nell’Arma dei Carabinieri e “nelle amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia e presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri”.

L’art. 2, comma 5, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 9 maggio 1994, infatti, vincola al “requisito della condotta e delle qualità morali” la possibilità di concorrere in una qualunque di quelle istituzioni.

Per portare un esempio, se oggi Silvio Berlusconi dovesse presentare la domanda anche per semplice Carabiniere, prima ancora di chiamarlo alla visita medica ed escluderlo per l’altezza, lo avrebbero già escluso per carenza del “requisito della condotta e delle qualità morali”.

Né Belpietro, né Ghedini, né tanomeno la Santanchè sarebbero riusciti a difenderlo davanti alla Commissione per l’idoneità.

Allo stesso modo, se Berlusconi avesse presentato la domanda per prestare servizio alla Presidenza del Consiglio – dove il requisito dell’altezza (e non solo quello …) non è richiesto – per effetto della stessa norma avrebbero cestinato la domanda.

Si dà il caso, però, che in una Italia ipocrita che ha il coraggio di escludere Morgan dal Festival di Sanremo e di esporlo alla gogna, uno come Silvio Berlusconi possa fare il Presidente del Consiglio senza possedere nemmeno i “requisiti della condotta e delle qualità morali” per essere assunto come usciere in quell’ufficio.

Qualcuno potrà obiettare che Berlusconi non ha mai fatto domanda per diventare Carabiniere e a Palazzo Chigi lo hanno mandato gli elettori, non certo a fare l’usciere.

Certo, anche questo è vero ed infatti in questa Italia, che è la culla del diritto, non si richiedono al Presidente del Consiglio dei Ministri gli stessi requisiti di condotta e di moralità che si richiedono per essere assunto come usciere in quell’Ufficio.

Al Presidente del Consiglio dei Ministri, però, come a chiunque ricopra cariche istituzionali, si applica l’art. 54 della Costituzione, che non è stato ancora abrogato da Alfano, né dalle infinite leggi ad personam con cui Berlusconi continua a governare.

La lettura della norma sembra poesia e questa mattina l’ho voluta rileggere tante volte, solo per disintossicarmi dall’ultima puntata di Porta a Porta di ieri sera. Un vero pugno allo stomaco dopo avere visto Abbado, Benigni e Saviano.

Proprio l’art. 54 della Costituzione, al secondo comma, recita che “I cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”.

Ebbene cari amici è proprio questo il punto.

Oggi abbiamo la certezza conclamata che chi è stato designato ad esercitare le funzioni di Presidente del Consiglio ha perso – semmai li ha posseduti nel passato – i requisiti minimi per esercitare con “onore” le sue funzioni.

Ecco quindi l’esigenza che quanti in Italia esercitano il controllo costituzionale sul presidente del Consiglio – il Parlamento, il Presidente della Repubblica, i partiti d’opposizione e perché no, anche quelli di maggioranza – ne prendano atto con urgenza, se non altro per evitare che il mondo continui a riderci in faccia.

G8: il procuratore, l’ex questore e la chiamata di Manganelli

G8: il procuratore, l'ex questore e la chiamata di Manganelli

di Chiara Paolin, da "il Fatto Quotidiano" del 9 novembre 2010

"Eravamo in auto insieme per andare a pranzo. Colucci ha ricevuto una telefonata dove si compiaceva di avere ricevuto i complimenti dal capo della polizia e dal vice".
Nicola Cerrato, ex procuratore aggiunto di Milano, ha reso ieri mattina questa dichiarazione ai giudici che lo hanno chiamato a testimoniare nel processo per falsa testimonianza a carico dell'ex questore di Genova Francesco Colucci. L'episodio raccontato da Cerrato è pesante. Perché Colucci è accusato dai pm genovesi Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini di avere modificato la propria versione sul ruolo avuto dai vertici della polizia, tra cui proprio l'ex capo Gianni De Gennaro, nell'irruzione alla scuola Diaz durante il G8 del luglio 2001.

La presunta"ritrattazione" di Colucci avvenne nel corso del processo per l'irruzione alla Diaz nell'udienza del 3 maggio 2007. Colucci, chiamato a testimoniare sulle telefonate intercorse la notte della Diaz con De Gennaro, avrebbe modificato la sua precedente versione negando di aver parlato con il capo della polizia a proposito dell'intervento del portavoce Roberto Sgalla nella scuola. Secondo le intercettazioni emerse durante il processo, Colucci avrebbe telefonato a conoscenti e colleghi spiegando come Manganelli intendesse "far pagare ai magistrati" il loro tentativo di smascherare l'accordo.

Antonio Manganelli, che ha sostituito De Gennaro a capo della Polizia nel giugno 2007, non si scompone: "Quella telefonata a Colucci era solo un gesto di solidarietà per un collega che stava vivendo un momento molto difficile – fa sapere –. Confermo quanto già detto in passato: nessun complimento per aver cambiato versione davanti ai giudici, semplice vicinanza a una persona in diffcoltà".

Secondo Cerrato, in quei giorni Colucci era molto preoccupato per le ingerenze dei vertici sul suo operato: "Si lamentava, era quasi ossessionato del suo "commissariamento" – ha spiegato ieri il magistrato –. Diceva di avere commesso l'errore di non avere esercitato il suo ruolo istituzionale, ma di avere fatto agire i 'generali' venuti da Roma. Continuava a ripetere:'Ma io che ho fatto?'".

sabato 6 novembre 2010

Berlusconi e la famiglia … allargata

Berlusconi e la famiglia … allargata
di Gioacchino Genchi, dal blog de "Il Fatto Quotidiano del 6 novembre 2010

Silvio Berlusconi alla fine ha deciso di non partecipare alla Conferenza Nazionale della Famiglia.
Ormai siamo in presenza di un uomo che fugge, braccato dalla vergogna per quello che è, per quello che fa e per quello che rappresenta.
La decisione di non partecipare al Forum se può risparmiargli gli insulti e le polemiche che l'avrebbero accompagnato, pone in evidenza la sua assoluta incompatibilità con la carica istituzionale che ricopre.
Berlusconi è stato eletto parlamentare e designato presidente del Consiglio dalla stragrande maggioranza dei cattolici italiani che lo hanno votato.
Il cattolicesimo fonda i suoi capisaldi nei valori della famiglia, come "santuario domestico della Chiesa".
Berlusconi, invece, ha rinnegato tutte le famiglie che ha fondato col matrimonio cattolico prima e con quello laico dopo e lo ha fatto nel nome del più ostentato libertinaggio.
Il potere e il denaro sono riusciti pure a dargli l'illusione di potere comprare l'amore e al contempo purificarsi l'anima.
In questo ha pensato di ingannare il Padre Eterno come fa con gli italiani.
Quando verrà il suo giorno, in quel Tribunale poco potranno essergli di aiuto le arringhe dell'avvocato Ghedini.
In quel codice non c'è il legittimo impedimento, né le leggi ad personam.
Nell'altro mondo, poi, non leggono nemmeno i comunicati stampa di Capezzone, non arriva né Libero, né il Giornale ed il TG1 non si prende nemmeno col satellite.

In compenso, però, Berlusconi pensa lo stesso di potersi guadagnare il Paradiso.
E convinto che gli bastino l'indulgenza "contestualizzata" di monsignor Fisichella e l'amicizia di don Gelmini.
A proposito mi chiedo cosa avrà pensato proprio don Gelmini dopo le sue ultime uscite sui gay o se, forse, non l'avrà rinnegato come amico pure lui.
Si potrebbe obiettare, però, che per fare il presidente del Consiglio non per forza bisogna trovarsi in grazia di Dio.
In effetti è vero. L'Italia ha avuto (fortunatamente) dei Presidenti del Consiglio e dei Presidenti della Repubblica laici.
Proprio loro, vedi caso, hanno saputo rispettare gli autentici valori del cristianesimo più di altri (come Berlusconi) che si professano cattolici.
Un Presidente del Consiglio, anche laico o cattolico (peccatore) deve comunque rispettare la famiglia per effetto del giuramento che ha fatto alla Costituzione con l'assunzione dell'incarico.
La nostra Costituzione, infatti, agli articoli 29, 30, 31 e 36, pone la famiglia al centro dei rapporti fondamentali da cui scaturiscono i diritti ed i doveri di ogni cittadino, di quella che viene definita la "società naturale fondata sul matrimonio".
Certo sarebbe auspicabile una estensione ben oltre il matrimonio della libertà di ognuno di convivere e procreare come meglio ritiene, nel rispetto della prole e dell'eguaglianza morale e giuridica di chi compone la famiglia, anche non necessariamente fondata sul matrimonio.

Questo, comunque, non vuole dire certo arrivare al concetto di "famiglia allargata" di Berlusconi, con le varie Noemi, Ruby, Nadie, Patrizia e le tante altre, i cui nomi c'è solo da aspettare che vengano fuori.
Né si può auspicare una "famiglia" concepita in questo modo, nemmeno se "allargata" ai tanti ruffiani della corte berlusconiana, da Lele Mora a Emilio Fede che, ormai, se riflettete bene, sembrano avere assunto il rango di ministro, pur senza avere giurato al Quirinale.
Per quello che è la famiglia nel nostro ordinamento giuridico, nella tradizione, nella storia e nella coscienza di ogni italiano – laico o cattolico che sia – un presidente del Consiglio che non è nelle condizioni morali di potere partecipare alla Conferenza Nazionale della famiglia, non può rimanere al suo posto nemmeno un giorno in più di quello che c'è stato, con o senza la fiducia del Parlamento.
Di questo ci auguriamo se ne rendano conto quanti ancora lo sostengono in un agonia che lo sta facendo soffrire tanto quanto sta soffrendo il popolo italiano.
Poco vale tenere in vita questo Governo nella speranza di far crescere i propri Gruppi parlamentari con il pretesto del dissenso-consenso a Berlusconi.
Non è con il concorso delle "figurine Panini" dei deputati e dei senatori che si potrà dare ai nostri figli un "album" di un Italia migliore e più libera di quella che stiamo vivendo.
Peraltro, fra quelle "figurine" che si scambiano in Parlamento da un Gruppo all'altro, di "valide" ce ne sono ben poche e quasi tutte sembrano "doppioni".

Se i partiti rappresentati in parlamento ci tengono veramente a guadagnare il consenso degli italiani devono sperare di perdere il maggior numero di parlamentari possibili di quelli che hanno portato in Parlamento alle ultime elezioni, piuttosto che cercare di guadagnarli.
In questo, bisogna ammetterlo, il più fortunato in questo momento sembra proprio Casini.
Gli manca solo qualche altra provvidenziale defezione e dopo sì che potrà prendere il volo.
Non è certo con il riciclaggio dei parlamentari e con i cambi di casacca che si potrà fondare una nuova classe politica.

A questo punto c'è solo da sperare che questo Parlamento, oltre ad una buona legge elettorale, sappia varare gli incentivi per una seria rottamazione della sua classe politica.
Capisco che ci sono seri problemi di smaltimento e che la politica non ha ancora saputo realizzare delle discariche attrezzate.
Escluso a priori l'uso dei termovalorizzatori (posto che ci sarebbe molto poco da valorizzare), anche la raccolta differenziata risulterebbe molto difficile, visto che quelli di cui disfarsi, pur appartenendo a partiti diversi, di "differenziato" fra di loro hanno solo il colore.
Peraltro, su Bertolaso non possiamo più contare. Ci hanno detto che entro il mese andrà in pensione.
Beato lui, così adesso potrà farsi massaggiare a tempo pieno, senza nemmeno essere distratto dagli impegni di governo.
Pensare che il problema dello smaltimento dei rifiuti della politica possa essere risolto dal ministro del disastro ambientale Stefania Prestigiacomo sarebbe come sperare che i tacchini festeggino il Natale.
Non ci rimane quindi che auspicare che questa Conferenza Nazionale della famiglia, grazie all'assenza di Berlusconi, possa dimostrare a quanti ancora si affannano a sostenere questa maggioranza che anche senza di lui si può andare avanti.
Anzi sui può andare avanti meglio.
Per farlo ci vuole solo un riscatto di dignità – da prendere magari in prestito per chi non l'avesse mai avuta – giusto il tempo necessario a far cadere questo governo.
Sono sicuro che se dovesse accadere dal giorno dopo tutto sarà più facile e le molte famiglie italiane potranno tornare a sperare.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/11/06/berlusconi-e-la-famiglia-allargata/75530/

giovedì 4 novembre 2010

Berlusconi a rischio ... di malattie veneree

Berlusconi a rischio ... di malattie veneree

di Gioacchino Genchi, dal blog de "Il Fatto Quotidiano" del 4 novembre 2010



Un amico professore di diritto costituzionale che passa per essere severo mi ha dato una notizia che mi ha fatto sorridere: "sai Gioacchino, da quando ti hanno sentito al COPASIR mi sono dovuto trovare un'altra domanda per dare 30 e lode".

Già, perché prima che scoppiasse il "caso Genchi", all'esame di diritto costituzionale persino gli studenti più preparati stentavano a ricordare cosa fosse.

Così per i più bravi alla fine arrivava la domanda sul COPASIR. Quelli che rispondevano avevano il 30 e lode assicurato.

Gli studenti, però, avevano studiato quello che c'è scritto nei libri di diritto costituzionale.

Questo, fateci caso, è molto diverso da quello di cui il COPASIR ha iniziato ad occuparsi da qualche tempo.

Nato dalla ceneri del CO.PA.CO., forse l'acronimo di Comitato Parlamentare di Controllo sui Servizi di Sicurezza non andava giù a quanti in Italia hanno poca voglia di farsi controllare (persino dal Parlamento).

Così gli hanno cambiato nome, ma nella legge istitutiva le sue competenze sono scritte chiaramente:"Il Comitato verifica, in modo sistematico e continuativo, che l'attività del Sistema di informazione per la sicurezza si svolga nel rispetto della Costituzione, delle leggi, nell'esclusivo interesse e per la difesa della Repubblica e delle sue istituzioni."

E' chiaro, quindi, che Il Comitato Parlamentare sulla Sicurezza della Repubblica deve vigilare sull'operato dei servizi di sicurezza e non su chi indaga sull'operato dei servizi di sicurezza.

E' stato così che con l'aiuto del Toro di turno è stato facile persino inventarsi il reato di "illecita acquisizione dei tabulati di appartenenti ai servizi di sicurezza".

E visto che a qualcuno (nella specie a Genchi) ancora non erano riusciti a fargli pagare il conto per essere stato il primo (già nel 1992, all'epoca delle indagini sulle stragi) ad acquisire i tabulati di Contrada, di Narracci e dei vertici del SISDE, l'occasione è stata ghiotta per quanti lo attendevano al varco da 17 anni.

La ribalta mediatica è un po' di inesperienza hanno fatto abboccare all'esca anche chi era in buona fede.

E' stato così che anche autorevoli esponenti dell'opposizione hanno fornito l'assist a Berlusconi, accodandosi al coro di quanti pensavano di avere scoperto "il più grande scandalo della Repubblica".

Meno male che hanno fatto salvo il periodo sabaudo, altrimenti avrei dovuto rispondere di tutte le malefatte almeno dall'unità d'Italia.

Dopo il successo del tiro al piccione bipartisan su Genchi, ricorderete l'altra inchiesta del COPASIR sulla idiozia del rischio per la sicurezza dello Stato derivante dagli "SMS spia", con cui è stata aperto il Tg1 della sera del 19 marzo 2009.

Ancora ricordo la faccia del povero Sassoli dopo il servizio di Laura Cason, anche questo dal titolo sobrio ed obiettivo: "Il COPASIR lancia l'allarme degli SMS spia. Piccoli Genchi crescono".

Molti mi hanno sollecitato a querelare la giornalista per avermi offeso, visto che non era possibile perseguirla per avere offeso l'intelligenza di tutti gli italiani. In compenso quella trovata ha fatto guadagnare a Rutelli l'ennesima presenza a Porta a Porta, dove notizie così ghiotte non vengono mai prese sotto gamba.

Col cambio di guardia al vertice del COPASIR adesso è D'Alema ad avere convocato Berlusconi.

Ironia della sorte, a distanza di meno di due anni Berlusconi dovrà sedere nella stessa sedia dove hanno fatto sedere me, in fondo al tavolo ovale del COPASIR, al sesto piano di Palazzo San Macuto.

In quella stanza decorata con seta celeste alle pareti, da allora è cambiato solo il presidente.

E' bastata la convocazione di D'Alema per spostare l'attenzione dei media sui presunti rischi alla sicurezza del premier.

Non si parla più di escort, di minorenni, di prostituzione, di droga e di interessate telefonate, perché a quanto pare è altro che il COPASIR vuole chiedere a Berlusconi.

Della crisi economica, della disoccupazione, dei precari della scuola, delle leggi ad personam e dell'immondizia di Napoli era già da tempo che non si parlava più.

L'assassinio della povera Sarah, con tutto quello che ne è seguito, è stato dato in pasto ai fameliciprofessionisti della disinformazione che non hanno trovato nulla di più utile per non parlare delle malefatte del Premier.

Con il calo della pressione mediatica si sono pure attenuati i mal di pancia nella maggioranza e le colombe dei finiani sono riuscite a prevalere sulla decisione nel voto per salvare Lunardi, grazie anche all'interessato intervento del doppio lavoro di uno dei tanti avvocati che siedono in Parlamento, che ormai si è ridotto al festival del conflitto di interessi.

Adesso, però, l'attenzione delle Istituzioni è tutta rivolta ai problemi della sicurezza di Berlusconi.

Si potrebbe obiettare che il vero problema delle Istituzioni è Berlusconi e non la sua sicurezza, ma ancora in Parlamento la maggioranza non la pensa in questo modo (speriamo per poco).

E così ci tocca occuparci della sicurezza del Premier.

Certo Berlusconi in fatto di sicurezza è stato sempre molto originale.

In molti ricordano ancora quando si portò Vittorio Mangano ad Arcore per sentirsi più sicuro, fino alla scorta fatta in casa che non è nemmeno riuscita ad impedire che lo colpissero con un souvenir del Duomo di Milano.

Sorvoliamo sulla facilità con cui nelle sue ville e persino nelle residenze di Stato siano stati eseguite riprese audio, cortometraggi e book fotografici persino delle parti intime degli ospiti, che nell'occasione di corto avevano ben poco.

Possiamo quindi affermarlo senza tema di smentita, che in fatto di sicurezza Berlusconi non è stato sempre accorto.

Se a questo aggiungiamo che gli uomini impegnati alla sua tutela debbono pure eseguire i trasbordi delle escort e gestire il call center con le questure e i questurini, è naturale che rimangono loro poche possibilità di occuparsi della sua sicurezza.

Bene quindi ha fatto D'Alema a convocarlo al COPASIR, a meno che la seduta non si concluda con la degustazione di una ulteriore crostata.

Infatti, se le preoccupazioni di D'Alema fossero più dirette ai rischi della sicurezza politica di Berlusconi ed alla tenuta del governo, a nulla vale rivedere le sue misure di protezione e rinforzargli la scorta.

Forse per risolvere i veri problemi di Berlusconi, più che arruolare altri poliziotti e carabinieri per rinforzargli la scorta, serve qualche puntello parlamentare, magari da reperire al mercato delle vacche che, come sappiamo, è sempre aperto e non chiude neanche nei festivi.

Se poi vogliamo essere onesti e dire le cose come stanno, gli unici rischi concreti alla "sicurezza" di Berlusconi provengono solo dalle sue sregolatezze.

In questo di scarso aiuto può essergli D'Alema con tutto il COPASIR.

Quando analizzeranno le sue condotte e il suo tenore di vita, non potranno che concludere con me che gli unici rischi concreti che corre Berlusconi, escluse (per tante ragioni) quelle di gravidanze indesiderate, sono solo quelli di contrarre delle malattie veneree.

Per evitare questi ed altri rischi Berlusconi è già ben assistito dalle sue igieniste e non credo che il COPASIR, nonostante le buone intenzioni di D'Alema, riuscirà ad eguagliarle.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/11/04/b-a-rischio-di-malattie-veneree/


martedì 2 novembre 2010

Mercoledì 3 novembre 2010, dalle ore 22:10, Gioacchino Genchi in diretta a Exit su La 7

Mercoledì 3 novembre 2010, dalle ore 22:10, parteciperò in diretta dallo studio, alla trasmissione Exit su la 7 sui temi delle nuove indagini sulle stragi del 1992-1993.